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L'ATTESO VERDETTO. Berlusconi: «Almeno non hanno demolito la legge»

  venerdì 14 gennaio 2011
«Le decisioni della Consulta sono assolutamente ininfluenti, il governo andrà avanti perché l'Italia ha bisogno di tutto tranne che di elezioni anticipate». Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in collegamento con Mattino Cinque. «Devo dire che non mi aspettavo nulla di diverso», ricordo che il legittimo impedimento «non l'ho chiesto io: la sentenza non ha demolito l'impianto della legge, ha riconosciuto che il legittimo impedimento è giusto e necessario per chi svolge attività di governo». Con la decisione della Consulta «sono state "tipizzate"» alcune fattispecie «cioè si è indicato nella legge che per esempio presiedere il Consiglio dei ministri è un impedimento legittimo, così come presiedere una riunione internazionale è legittimo impedimento. E quindi da questo punto di vista la sentenza ha migliorato la situazione precedente». Ha spiegato il premier. Dal gruppo dei «responsabili» nascerà la «terza gamba» della maggioranza che sosterrà l'azione del governo. Lo ha affermato Berlusconi ribadendo che il suo esecutivo non sarà influenzato dalla sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento.I RETROSCENA«È vero, l’impianto della legge resta valido... La Consulta non l’ha demolito; anzi ne ha riconosciuto l’efficacia, la validità, potrei aggiungere che ne ha salvaguardato i principi... Ma questo è un mezzo compromesso, nulla di più». Berlusconi sembra ripetere, quasi meccanicamente, la "lezione" di Niccolò Ghedini e di Angelino Alfano. Poi, all’improvviso, interroga i collaboratori più stretti riuniti a Palazzo Grazioli e le valutazioni più politiche prendono il posto di quelle "tecniche": «Così, però, l’ultima parola resta ai giudici... E io fatico a credere che siano davvero capaci di aprire una nuova stagione di leale collaborazione...». E allora? Berlusconi ha già una strategia: «Ogni volta che un giudice eccepirà ricorrerò alla Consulta e solleverò un conflitto di attribuzioni... Sarà una vera guerra di ricorsi». Nelle tre ore immediatamente successive alla sentenza si fatica a capire come calibrare il messaggio e allora la dichiarazione di Sandro Bondi resta ferma sui siti come la linea ufficiale del Pdl. «La Consulta ha stabilito la superiorità dell’ordine giudiziario rispetto a quello democratico... Siamo di fronte al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico». Berlusconi capisce il senso di quell’atto d’accusa. Almeno in parte lo condivide e a tratti sembra quasi tentato di utilizzarlo questa mattina quando potrebbe essere ospite di Mattino 5. L’appuntamento è fissato, ma il premier è stanco e potrebbe a sorpresa decidere di annullarlo. Perché non vuole più parlare di legittimo impedimento. E perché vuole evitare di farsi guidare dall’istinto e di aprire nuovi fronti con i giudici. A lui interessa il governo. Le riforme. La sua linea è quella della Lega, quella dettata dai capigruppo del carroccio Bricolo e Reguzzoni: «Sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici della Corte ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo. Ma non c’è sentenza della magistratura che può bloccare l’azione dell’esecutivo». Quando è notte Berlusconi continua a parlare attaccato al telefono. «Era chiaro che sarebbe finita così, non mi sono mai aspettato un epilogo diverso...». Ancora una volta i dubbi e i risentimenti verso i pm si alternano all’inevitabile necessità di ritrovare un confronto. «Aspettiamo le motivazioni, ma dico fin da ora che possiamo rimettere mano al legittimo impedimento in Parlamento. Riaprendo il dialogo e garantendo delle migliorie», dice quando prevale l’anima "costruttiva". Ma il Pdl non ci sta, il partito non è sulla linea di Alfano e Ghedini. Pecorella: «Oramai le leggi le scrive la Consulta». Quagliariello: «La democrazia resta limitata». Galan: «È l’ultima conferma della partigianeria della magistratura». Berlusconi legge e torna a pensare ai processi. Qualcuno lo avverte: «Presidente saranno tutti prescritti...». Lui scuote la testa: «Non ho mai voluto che finisse così. Sono innocente e avrei preteso un’assoluzione». Arturo Celletti