Benevento. Vescovi contro lo spopolamento: le aree interne non siano musei
Panorama di Benevento
Muoversi. Tutti, subito. Nella Chiesa e fuori. «Noi siamo già in ritardo sul futuro, che va avanti da cinquant’anni», dice il cardinale Matteo Zuppi, che presiede la Cei. Serve «uscire da schemi ormai sclerotizzati, rompere con la logica del "si è sempre fatto così"», dicono i vescovi delle "Aree interne", chiudendo proprio insieme a Zuppi i due giorni del loro incontro a Benevento. Vescovi che non hanno alcuna voglia di ridursi ad "accompagnatori" verso la morte dei piccoli paesi sempre più spopolati. E spiegano chiaro – nel loro messaggio finale – che, «se entrasse in vigore l’autonomia differenziata, non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese», già nient’affatto scarse.
Il rischio che corrono piccoli centri e borghi è avere «cure palliative o accanimento terapeutico – sottolinea il presidente della Conferenza episcopale italiana – anziché entusiasmo e poter diventare laboratori per il futuro e anche per le aree urbane». I vescovi aggiungono che «noi ci impegniamo a restare, la Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero, appunto per sclerotizzarla». Perciò chiedono alla politica – si legge ancora nel loro messaggio – «interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica» e «non viziata da tornaconti elettorali».Dal canto loro, i vescovi delle Aree interne sanno che, a partire proprio dai luoghi più isolati e meno grandi, «bisogna ripensare l’esercizio del ministero presbiterale – scrivono – e promuovere con decisione il sacerdozio comune di tutti i battezzati, una ministerialità diversificata e responsabile, la valorizzazione del diaconato permanente, del laicato, quello femminile in particolare, che è parte consistente delle nostre comunità».
Il quadro è difficile, difficilissimo e «noi non difendiamo un museo o un museo delle cere – spiega Zuppi –, ma crediamo che le aeree interne siano appunto un grande laboratorio per guardare al futuro» e che sia necessario «uno sguardo d’insieme». È vero – continua il cardinale –che ci sia «disillusione e paura del futuro e non soltanto nelle aree interne, ma anche nelle altre». Allora è necessaria «la consapevolezza che se ne esce insieme», oltre che dando «risposte credibili, per le quali vale la pensa sperare, investire e non vivacchiare». Insieme oppure la strada è segnata. Esempio? Sempre il presidente Cei: «La tentazione dei campanilismi è presente, eppure «se i "campanili" li mettiamo insieme possono diventare antenne e rete, se diventano campanilismo, è il passato».
Così «vogliamo costituirci baluardo – rilanciano questi vescovi –, forza per difendere le Aree interne, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie». Così «c’impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta». E «ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove».
La trentina di vescovi, arrivati a Benevento da tutta Italia, fanno risuonare nel loro documento la voce del profeta Isaia: «Sentinella, quanto resta della notte?». Risponde l’apostolo Paolo: «Il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce». Dunque, scrivono, «alla Chiesa, a noi stessi in primo luogo, alla società, alla politica, chiediamo di prendere sul serio tale esortazione». Perché le Aree interne, «dove la vita non vuole morire, possono divenire un tesoro straordinario per tutto il Paese». Ma «sta a tutti noi insieme, pastori, comunità cristiana, società civile, politica, far sì che diventi realtà».