Si tengono l’oro, consegnano i diamanti. Nel tardo pomeriggio, la Guardia di Finanza si è presentata in via Bellerio per un "ritiro celere". Già venerdì, dalla sede centrale della Lega, avevano spedito un avvocato in procura, per dire, non è roba nostra, non sappiamo cosa farne. Nel verbale di sequestro stilato dai finanzieri è scritto che le pietre preziose sono undici. Ne manca una, segno che il pacchetto consegnato nel dicembre scorso dalla “Intermarket Diamond Business”, è stato rivisitato.L’avvocato Paolo Scovazzi, presidente dell’Ordine di Genova che aveva consigliato la mossa a Francesco Belsito, aveva fatto scrivere nel suo verbale di consegna che i preziosi erano stati fotografati e che la confezione era sigillata. Precauzione che può risolversi anche contro il suo cliente. Ma questo eventuale furtarello per ora è il minore dei problemi. L’ex tesoriere aveva restituito i diamanti e i cinque chili d’oro in lingotti per non sobbarcarsi «l’onere di custodire detti beni senza possederne la titolarità». Per liberarsi, insieme, dall’accusa di appropriazione indebita. Dai documenti bancari risulta, in effetti che l’oro è stato acquistato con un bonifico da un conto della Lega, mentre per i diamanti Belsito ha attinto a un deposito bancario intestato a lui stesso. Una scelta obbligata, visto che la legge prescrive che le pietre preziose, proprio perché facilmente occultabili, possono essere acquistati solo da persone fisiche, ma questo non vuol dire automaticamente che non fosse un prestanome. Consegne e riconsegne vengono interpretati come una conferma che le lacerazioni non si sanano, che la pratica dello scaricabarile continua. Sensazione confermata dall’incontro tra Belsito e magistrati della procura. Si sono visti ieri mattina, nella caserma della Finanza, in via Fabio Filzi, spesso usata per i collaboratori. L’ex tesoriere è arrivato alle 10 con l’auto del suo legale genovese Scovazzi. Mezz’ora dopo, con un Suv che sembrava voler depistare i giornalisti, sono entrati direttamente nel cortile Robledo, Pellicano e Lombardi. «Sì, era un auto un po’ così», ha ammesso l’aggiunto Robledo. «Era un’auto sequestrata, non alla Lega naturalmente».L’incontro è durato due ore, ma Belsito non si è fatto interrogare. Sempre su consiglio degli avvocati (Scovazzi e Vaccaro) ha optato per una dichiarazione spontanea, che i legali – sostiene la procura – hanno chiesto fosse secretata. Difficile immaginare che in solo due pagine e mezzo di verbale ci siano dettagliate e sconvolgenti ammissioni o accuse. Gli stessi documenti allegati non sono che sommari resoconti bancari. La procura ha ottenuto che il colloquio avvenisse prima di un incontro, sembra proposto da Belsito, con il suo successore alla cassa, Stefano Stefani, parlamentare da quattro legislature ed ex orafo.Ottenuta la secretazione è stato l’avvocato Scovazzi a far uscire quel poco o quel molto che gli interessava, a far arrivare volontariamente o meno un messaggio a chi velocemente lo ha scaricato dal Carroccio. Francesco Belsito ha sempre «agito per la Lega e nell’interesse della Lega»; «non collabora (ancora) si è messo a disposizione della magistratura». In sintesi: si è comportato come tutti i suoi predecessori. Non ha manovrato soldi per conto proprio. La sua peculiarità è stata semmai la ricerca di qualche investimento “creativo”. Riferimento, oltre che ai diamanti al tentativo abortito di spedire cinque milioni in Tanzania e un milione e 200mila euro in Norvegia.Operazioni per le quali, anche a causa degli amici dei quali si è servito, Belsito è inquisito per riciclaggio a Napoli e a Reggio Calabria. Dove lo aspettano il 26 aprile, per un interrogatorio vero.