Santa Sede. Becciu, soldi alle coop non ai parenti. Difese all'attacco: processo nullo
Il processo in Vaticano
Mentre il processo vaticano sul caso nato dall’acquisto di un palazzo Londra non riesce a uscire dalla fase delle eccezioni procedurali – ieri nella settima udienza le difese hanno ancora una volta eccepito la nullità «insanabile » del procedimento – il cardinale Angelo Becciu, che figura tra gli imputati, è tornato sui fondi che secondo l’accusa egli avrebbe convogliato a favore di alcuni suoi parenti. Il porporato, parlando con i giorna-listi, ha respinto l’addebito («mi difenderò in tribunale»), dicendosi anzi «fiero e orgoglioso di aver trovato fondi per sostenere una cooperativa che dà lavoro a 60 ragazzi e ragazze che, come li chiama il Papa, sono 'scarti' della società: ex drogati, ex carcerati, ragazzi con problemi di salute.
Anche durante la pandemia non è venuta meno l’occupazione, anzi, è aumentata». Il riferimento è alla Cooperativa Spes, braccio destro della Caritas diocesana di Ozieri, che vede tra i suoi responsabili un fratello del cardinale. Il quale in merito ai soldi ha ricordato ciò che gli stessi magistrati hanno accertato. E cioè: 100mila euro inviati alla Caritas nel 2013, 25 mila euro nel 2015 e altri 100mila nel 2018.
Questi ultimi, entrambi provenienti dall’Obolo di San Pietro, ha detto Becciu, «sono fermi, bloccati, ancora nel conto della Caritas perché il vescovo deve iniziare la costruzione di una casa di servizio per i poveri. I 25mila euro sono stati utilizzati per comprare un macchinario per panificio». I 100 mila euro del 2013, invece, «erano un prestito dello Ior che - ha ricordato ancora il cardinale – io avevo chiesto e che ho restituito. Li avevo inviati in attesa che arrivassero i finanziamenti della Cei, la Cooperativa mi ha già restituito 50 mila euro e 50 mila li ho lasciati in donazione per aiutare le loro opere».
Quanto poi ai fondi Cei, «io che c’entro? Li ha dati la stessa Cei, perché il progetto era buono e da sostenere. Hanno fatto la rendicontazione e tutto è stato speso regolarmente. Cosa è andato ai miei familiari?». Infine Becciu ha detto che la perquisizione di martedì scorso lo ha «afflitto tanto ». Una nuova «umiliazione per la diocesi e per il vescovo» (Corrado Melis, ndr)» al quale ha espresso la sua «solidarietà».
Nel corso dell’udienza di ieri, alla quale Becciu era presente, è stata ammessa tra le parti civili anche l’Asif (Autorità di supervisione e informazione finanziaria), in aggiunta a Segreteria di Stato, Ior e Apsa. Inoltre il presidente della corte, Giuseppe Pignatone, ha riunito i due tronconi del procedimento. Difese però all’attacco. «Questo processo – ha detto l’avvocato Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso – ha visto adottare 4 'rescritti' con cui il Papa ha modificato parti dell’ordinamento, ma ne siamo venuti a conoscenza solo nel luglio 2021.
E il promotore di giustizia Milano, dicendo che il Papa è espressione del diritto divino e può modificare l’ordinamento come vuole, ha teorizzato l’inesistenza in questa giurisdizione dello stato di diritto». Secondo il legale, si rischia di ritornare «all’alto Medioevo. Nessun Paese ha un diritto su queste basi ». Dunque ci sarebbe «una nullità assoluta e insanabile».
Come se non bastasse, tutte le difese hanno contestato la decisione dell’accusa di mettere a disposizione delle parti solo i documenti utilizzati ai fini del rinvio a giudizio. «La difesa deve poter accedere a tutti gli atti sequestrati - ha aggiunto Panella -. Siamo al di fuori dei canoni del giusto processo». Prossima udienza il 28 febbraio. Il giorno dopo il Tribunale emanerà un’ordinanza e «se l’attività andrà avanti», ha premesso Pignatone - stabilirà una prima organizzazione della trattazione nel merito.