«Per quei drammatici fatti di 30 anni fa venimmo condannati e abbiamo pagato, non barattando la nostra libertà con quella degli altri. Troviamo infamante che Cesare Battisti ci qualifichi come collaboratori di giustizia o pentiti». Non si fanno attendere le repliche dei diretti interessati alle esternazioni dell’ex militante dei Proletari armati per il comunismo che "rifugiato politico" in Brasile aveva chiamato in causa quattro ex compagni di militanza, accusando loro per i quattro omicidi a lui «ingiustamente attribuiti». Dura la replica di Sebastiano Masala, Giuseppe Memeo, e della moglie di Gabriele Grimaldi (morto nel 2006) Pia Ferrari. Per loro l’atteggiamento di Cesare Battisti non aiuta a superare quella «tragica storia». Mentre «il silenzio più delle parole si addice per il rispetto delle vittime e per chi non ha mai smesso di soffrire ». E replica anche Alberto Torregiani, ferito e reso invalido 30 anni fa durante la rapina che costò la vita a suo padre, il gioielliere Pierluigi: «Sta giocando sporco, cerca di denigrarmi», dice. Mentre il legale dei Pac Giovanni Beretta ricorda a Battisti come l’omicidio del gioielliere sia stato deciso da tutto il gruppo, e poco rileva il fatto che nell’azione Battisti materialmente non vi fosse, impegnato peraltro in altro agguato. Quanto all’omicidio Sabbadin, ricorda, «fu lui a impugnare la pistola e a sparargli». Ora, queste dichiarazioni di Battisti sono per lui «un boomerang», sostiene il sostituto procuratore generale di Torino Pietro Forno, giudice istruttore del processo ai Pac. «Un assassino, e della peggior specie », lo definisce il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, che indagò contro l’ex terrorista. In Brasile, intanto, tiene il punto il ministro della Giustizia Tarso Genro, che ha firmato la concessione dello status di rifugiato, alla base, ora, del diniego di estradizione: «Non mi pento», dice. Ma, dopo che anche Lula ha dichiarato «chiuso, per il governo » il caso, la contesa si sposta in sede giudiziaria. Oggi si apre il procedimento presso la Corte Suprema al quale l’Italia è stata ammessa come parte, invitata a presentare ricorso entro cinque giorni. E questo alimenta le speranze del nostro governo. «Battisti è un criminale assassino», dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano. «Procederemo con ogni azione giuridica possibile», conferma. Silvio Berlusconi e il presidente brasiliano Lula hanno smorzato i toni, ribadendo l’amicizia fra i due Paesi, lasciando la parola al Tribunale che dovrà decidere, ascoltando anche la versione italiana. Ma non è certo un momento fortunato nei rapporti diplomatici fra i due Paesi, con una nuova polemica che scoppia, a parti invertite, per la pubblicità di una nota casa di moda milanese che ritrae un poliziotto brasiliano impegnato a perquisire fuori regolamento una ragazza su una spiaggia di Rio. All’ambasciata italiana in Brasile sarebbe stato chiesto ufficialmente il ritiro del manifesto, ma forse è eccessivo parlare di un nuovo caso diplomatico. E anche l’offensiva di An perché non si disputi l’amichevole Italia-Brasile sembra destinata a non produrre effetti. Nonostante un sondaggio di Sky dica che il 61 per cento degli italiani avrebbe preferito che l’incontro non fosse disputato. «Solo un evento di spettacolo, lo sport non c’entra», si arrende il ministro della Difesa Ignazio La Russa, anche se avrebbe auspicato che «per una volta un aspetto etico potesse prevalere su quello commerciale». Dalla Francia intanto, dopo le accuse al ruolo svolto su Battisti, dalla first lady arriva un gesto distensivo: «Vado a Parigi invitato da Carla Bruni», fa sapere il presidente dell’associazione vittime del terrorismo Bruno Berardi.