La crisi. Casini: «Basta giochini o si rischiano le urne»
Pier Ferdinando Casini
Pier Ferdinando Casini, senatore, leader storico dei centristi ed ex presidente della Camera, al giro di boa delle consultazioni ci sono le condizioni per un incarico a Conte?
Questo lo valuterà il capo dello Stato. Ma una cosa è molto importante e va detta: adesso i giochini sono finiti. Quando la crisi arriva nelle mani del capo dello Stato, le parole pesano come pietre. Se qualcuno continua a giocare lo fa a proprio rischio e pericolo. Per “rischio e pericolo” intendo le elezioni.
Chi è che gioca?
Tutti. Anche quelli che hanno perso 15 giorni a cercare dei fantomatici “responsabili”. Si è perso tempo molto gravemente. Anche prima delle dimissioni delle ministre: i segnali di difficoltà della maggioranza c’erano da tempo. Non si può far finta di non sentire gli scricchiolii, va a finire che ti cade la casa in testa.
Ce l’ha con Conte?
Se il premier avesse lasciato il giorno dopo le dimissioni delle due ministre di Italia Viva avrebbe guadagnato tempo e credibilità, e avrebbe portato un punto a casa. Il peccato enorme sono stati questi 15 giorni a cercare qualcosa che non c’è, specie dopo la “blindatura” del centrodestra. Un peccato enorme, dicevo, aggravato dal fatto che lo scopo non è stato nemmeno raggiunto. Il risultato è che se 15 giorni fa il problema era Renzi, ora il problema è Conte.
Sembra già proiettato nel dopo-Conte…
Conte ha ancora un punto di forza ed è la situazione in M5s. Più il Movimento somiglia a un magma confuso, più Conte resta in pista. Certo non deve commettere gli errori del passato e deve prendere atto della situazione: per fare un altro governo, deve mettersi nelle mani di Renzi, nella bocca del leone…
E Renzi può concederlo?
Rinuncio a ogni previsione sui pensieri e le scelte del collega senatore Renzi.
La crisi intanto si svolge senza un minimo accenno ai problemi del Paese…
E dei giovani, soprattutto. Stiamo scaricando miliardi di debito sulle nuove generazioni per bonus, ristori e incentivi. Sacrosanti, per carità. Ma se la stessa logica pervade il Recovery plan, siamo spacciati. Conte fatica a dare una linea politica al Pnrr, è l’avvertimento che gli hanno lanciato sindacati, Confindustria, le autorità europee. Un problema vero, l’insufficienza del Pnrr. E Renzi, strumentalmente o meno, se n’è fatto carico.
Può esserci un governo tecnico?
Al momento, in questa fase qui, no. Il centrodestra adesso è indisponibile, perché la stessa maggioranza dovrebbe passare da un governo politico a uno tecnico? Sarebbe autolesionista. Nell’ambito dell’attuale maggioranza, la soluzione è politica. Dopo si vedrà.
In relazione ai “responsabili”, sono state tirate in ballo le culture cattoliche, popo-lari, liberali… Cosa ne pensa?
Guardi, su questo tema ormai ho ormai le idee chiarissime: il più grande contributo alla denigrazione e alla ridicolizzazione della storia del centro e della Dc è in gran parte dato da questi tentativi ridicoli di mettere insieme e accostare alla storia democristiana cose che non hanno alcun valore. Mischiare questi tristi tentativi con la storia e la tradizione del centro democratico cristiano significa non rispettare una pagina bella del ‘900. Non sono i comunisti a denigrare la storia della Dc, sono certi epigoni che la ridicolizzano ancora oggi. Io quel che ho potuto fare l’ho fatto, non voglio più avere a che fare con questi discorsi. E lo dico senza peli sulla lingua: giudico patetici i tentativi di fare il partito dei cattolici.
Sbagliato anche un partito di Conte?
Quel che ho detto vale anche per il partito di Conte. Con un’aggiunta. Io vorrei fare una domanda, specie ai giovani: all’Italia manca l’ennesimo partito personale o un partito idealmente radicato coma la Cdu in Germania o i Popolari in Spagna? In Germania dopo Kohl c’è Merkel, e dopo Merkel ci sarà qualcun altro. Ci manca un partito vero e radicato, quello che noi non siamo riusciti a realizzare.
Il Pd non risponde a questo profilo?
Il Pd è un partito serio ed è l’unico che sta vivendo con rigore questa crisi. Chi è troppo serio, però, rischia di non “graffiare”. E quando non graffi, non aiuti a risolvere. A questa crisi servirebbe un graffio del Pd.