Attualità

Palermo. «Basta con lo scempio delle bare»

Fulvio Fulvi giovedì 3 novembre 2022

Un’immagine impressionante del crollo al cimitero napoletano di Poggioreale

Più di 1.200 bare, a Palermo, accatastate nel deposito del cimitero di Santa Maria dei Rotoli. Da oltre due anni è così, e il numero cresce col passare dei giorni. E a Napoli, decine di casse precipitate giù dai loculi o rimaste in bilico per il crollo (il secondo in dieci mesi) del muro di una cappella del Monumentale di Poggioreale, in parte chiuso per ragioni di sicurezza e per un’inchiesta della procura. Salme abbandonate e delle quali spesso si è perso il nome.

È stato un altro 2 Novembre amaro per quei familiari che nemmeno ieri hanno potuto pregare nè portare dei fiori sulla tomba dei propri cari defunti, rimasti senza una degna sepoltura per l’incuria e i ritardi di chi gestisce e amministra questi luoghi sacri o a causa di altre responsabilità tutte da accertare. Un grave e incivile degrado denunciato ancora una volta con forza dai pastori delle due Chiese locali nel giorno della commemorazione dei morti.

«Noi dobbiamo custodire i corpi a cominciare da questo cimitero. Non possiamo continuare ancora a vedere i corpi dei nostri cari profanati. Ci deve essere dato di venire a commemorare i nostri morti in una degna dimora » ha detto l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice nell’omelia pronunciata ieri nel camposanto dei Rotoli, dove manca lo spazio per altre inumazioni e l’organizzazione dei servizi cimiteriali sembra essere nel caos più totale. C’è chi va a recitare l’Eterno riposo sul sacello del padre ma non sa se la sua salma si trovi ancora lì. Come nel caso di Giuseppe Giallanza, che racconta: «Nel 2017 ho scritto al Comune facendo presente che un albero aveva divelto la tomba e ho presentato istanza perché il cipresso fosse abbattuto. Ma nulla è stato fatto e il 30 marzo scorso, in seguito a un violento temporale, l’albero è finito sulla tomba distruggendola. Non sappiamo se la bara sia sprofondata o se qualcuno l’abbia spostata: nessuno finora ci ha dato una spiegazione».

La tomba attualmente è transennata e i parenti non possono avvicinarsi per motivi di sicurezza. E sullo scempio al cimitero dei Rotoli, monsignor Lorefice ha usato ancora parole dure e di protesta: «Occorre individuare le responsabilità. Giustizia e rispetto dei nostri morti chiedono che venga allo scoperto l’origine di questa profanazione. Occorre agire tempestivamente sulle cause. Chiamarle per nome. Non ci saremmo aspettati di avere sotto i nostri occhi anche quest’anno tale orribile e nefasta visione. Burocrazia, interessi occulti, e deresponsabilizzazione – ha concluso – devono avere un nome: non è più tempo di rimandare! ».

Ma qualcosa finora si è mosso: il 26 ottobre è stato condannato in primo grado per corruzione l’ex direttore dei cimiteri comunali di Palermo, Cosimo De Roberto, al quale sono stati inflitti 4 anni e 10 mesi di reclusione. Il funzionario avrebbe ricevuto mazzette da 800 euro per “agevolare” la tumulazione di salme ed evitare così che le bare dei suoi “beneficiari” venissero parcheggiate nel già affollato deposito del camposanto. L’altra “emergenza forte”, come detto, si registra a Napoli: l’arcivescovo Domenico Battaglia, durante la messa a Poggioreale, ha espresso la sua indignazione.

«L’immagine di quelle bare sospese nel vuoto è una ferita aperta per tutti e mi riporta alle tante vite “sospese” che abitano in questa città: a coloro che sopravvivono sulla strada, a coloro che hanno perso il lavoro, a chi non ce la fa, a chi è precario a vita, a coloro cui la vita è segnata dalla solitudine, a chi ha perso la speranza, alle donne vittime di violenza, ai bambini a cui è rubato il presente. Non possiamo permetterlo – ha proseguito Battaglia – occorre reagire contro ogni logica di indifferenza, contro ogni forma di omertà e di soprusi. C’è bisogno di cura, di responsabilità, di impegno, di giustizia sociale e ognuno deve fare la sua parte, ma insieme». «Stiamo lavorando e accelerando le procedure di recupero delle salme interessate dai crolli – ha “risposto” da Palazzo San Giacomo il sindaco Gaetano Manfredi – dopo il dissequestro, poche settimane fa, sono iniziate le operazioni».

Per quanto riguarda il riconoscimento dei corpi, Manfredi ha spiegato che «c’è una procedura concordata con vigili del fuoco e carabinieri che prevede il recupero tra le macerie di tutte le informazioni possibili e dove non sarà possibile individuare l’identità si farà ricorso all’esame del Dna». E intanto ieri, nel cimitero di-Lampedusa, migranti “sconosciuti” riposano accanto agli isolani defunti: e chi ha portato i fiori per un proprio caro ne ha lasciati, pregando, anche a chi non ha più nessuno, come i due bimbi morti nel rogo del barchino in mezzo al mare: i loro corpicini giacciono infatti nella camera mortuaria del camposanto.