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Missioni militari. Don Sacco (Pax Christi): «Basta con le ipocrisie, Italia ripensaci»

Nello Scavo mercoledì 17 gennaio 2018

Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi

Ho paura di una guerra nucleare, siamo al limite», ha detto papa Bergoglio partendo per l’America del Sud. Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, fa proprio l’appello del pontefice, anche perché dal 1991 a oggi, «invece che diminuire, le guerre sono aumentate».

Cos’è cambiato da allora?

La paura del Papa è anche la nostra. Lui fa la sua parte, noi dobbiamo fare la nostra e impegnarci con tutte le forze per mettere al bando le armi nucleari, presenti anche sul nostro territorio, per questo abbiamo lanciato insieme a tanti altri, la campagna 'Italia ripensaci!'. E per tornare all’Iraq: pare che verrà ridotto il numero dei militari in Iraq per mandarli in Libia e Niger. Da un’avventura all’altra. Credo sia una scelta folle e insensata. E riapriremo il Parlamento, appena sciolto, per un’altra guerra, sebbene mascherata dal solito lessico edulcorato: non si parla infatti di guerra ma di 'missione umanitaria', nascondendo altri interessi. Perciò vorrei fare un appello.

Quale?

Mi auguro che oggi i parlamentari votino contro questa decisione del governo. A fine legislatura sarebbe un bel segnale, che ci farebbe ben sperare per il futuro. Papa Francesco continua a ricordarci che siamo in una 'terza guerra mondiale a pezzi' e noi la alimentiamo in modo vergognoso e ipocrita. Perché, come disse Bergoglio a Redipuglia il 13 settembre 2014 «oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante».

C’è poi il fronte caldo dello Yemen e le iniziative che vedono Pax Christi insieme ad altri movimenti ed associazioni impegnati per suggerire un’alternativa alla produzione di bombe in Sardegna.

Abbiamo ascoltato la testimonianza di chi propone una riconversione della fabbrica durante la Marcia della Pace a Sotto il Monte, lo scorso 31 dicembre, e ancora oggi lavoriamo insieme per un impegno concreto e fattibile. Certo, i guadagni e gli interessi sono alti. Pochi giorni fa l’amministratore delegato dell’azienda Rwm, Fabio Sgarzi, ha rilasciato un’intervista nella quale arrivava ad accusare il Comitato per la riconversione di minacciare perfino la 'sicurezza pubblica' in merito ai trasporti di queste bombe. Dimenticando che l’unica cosa 'sicura' è che quelle bombe uccidono i civili in Yemen, come ha più volte documentato anche Avvenire.

Lo stabilimento Rwm si trova, oggettivamente, in una zona economicamente depressa e al momento senza alternative. Cosa chiedete a politica e sindacati?

Vorrei osare chiedere alla politica di interessarsi seriamente di questi temi, di pace e disarmo. E lo chiedo anche ai sindacati, spesso silenti. Lo chiedo alla società civile. Perché non tutto quel che è legale è lecito e morale. Come detto in altre occasioni, non voglio colpevolizzare i lavoratori della Rwm, che sono schiacciati in un ricatto morale. In una terra impoverita e sfruttata a loro viene offerta quest’unica possibilità: produrre bombe. Ma perché non aprire un tavolo di riflessione sulla riconversione? Con gli operai, con i titolari della Rwm, con la società civile, la Chiesa, i sindacati, il mondo politico? È in gioco la vita e il futuro, quello di civili bombardati e dei lavoratori costretti a sperare nei conflitti, pur di avere un salario.

Cento anni fa finiva la Prima guerra mondiale, 'inutile strage', la definì Benedetto XV. Cosa, specie in Italia, dobbiamo ancora imparare da quella lezione?

Non abbiamo imparato nulla! Penso all’invio dei militari in Niger, alle bombe contro i civili nello Yemen, alle bombe nucleari presenti a Ghedi e ad Aviano: tutto questo conferma come la guerra sia sempre più considerata un affare. Anche per questo le spese militari non vengono mai tagliate, anzi l’Italia spenderà circa 27 miliardi di euro in questo 2018: circa 2,6 milioni ogni ora. È una follia! Quante bugie e quanta retorica sulle armi e sulla guerra, che non viene più considerata una tragedia, ripudiata anche dalla Costituzione, ma una scelta possibile, se non addirittura giusta. La stessa cosa vale per i caccia da guerra F-35, assemblati a Cameri, in provincia di Novara. Il progetto militare più costoso della storia! Noi tutti, da Pax Christi a Rete Disarmo alle associazioni e movimenti ecclesiali, ricordiamo sempre che ogni aereo costa 130 milioni di euro. E poi mancano i soldi per la sanità, il lavoro, i giovani, le pensioni, la tutela del territorio. Ricordiamo anche le parole di papa Giovanni XXII nella 'Pacem in Terris': « Alienum est a ratione », vale a dire è pura follia.