«Vietato nascere». Lo abbiamo scritto ieri, denunciando una situazione che ha dell’incredibile, specie perché accade qui e oggi, nella nostra Italia: dal 2009 un cittadino straniero, se privo di permesso di soggiorno, per legge non può registrare la nascita di un figlio. Non stiamo parlando di cittadinanza, ma solo di certificare che è venuto al mondo. Ne consegue che di certo un buon numero di bambini, figli di genitori "irregolari" (senza permesso di soggiorno, o con permesso scaduto, o magari ancora in attesa dello status di rifugiato), ufficialmente non sono mai nati. Una condizione che espone a ogni tipo di fragilità e abuso, senza alcuna possibilità di chiedere giustizia: chi "non esiste" non ha diritti.«Una denuncia doverosa, che fa emergere finalmente un caso assurdo – commenta Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera –. Per la verità è la prima volta che vedo un organo di informazione rilevare quanto sta accadendo nell’indifferenza generale: in questi sei anni tanti bambini nati in Italia sono precipitati in questa situazione, e il problema è stato sottovalutato o addirittura è ancora sconosciuto. Ma risolveremo in pochi giorni questa incredibile ingiustizia». Rosato è il primo firmatario di una proposta di legge, presentata alla Camera nell’aprile del 2013 per porre rimedio al pasticcio e modificare la norma, riportandola al suo stato originale. «I prossimi giorni introdurremo la soluzione tecnica nel testo della proposta di legge sulla cittadinanza e la porteremo in Aula: appena abbiamo trovato un provvedimento attinente, abbiamo agito. Basterà reinserire la norma che fino al 2009 escludeva la necessità di esibire il permesso di soggiorno per poter registrare una nascita».Nel 2009, infatti, un emendamento nel "pacchetto sicurezza" stabilì per la prima volta che il permesso di soggiorno andava esibito anche per gli atti di stato civile, tra i quali appunto la nascita. In questo modo la legge 94/2009 interveniva sul testo unico concernente la disciplina dell’immigrazione (decreto legislativo 286 del 1998), sforbiciando le sette parole che escludevano gli atti di stato civile dall’obbligo di presentare il permesso di soggiorno, e lasciando soltanto i riferimenti alle prestazioni sanitarie d’urgenza e alla scuola obbligatoria. Insomma, sì alle cure ospedaliere, parto compreso, ma poi non era lecito registrare la nascita del figlio. Il quale avrebbe avuto diritto alla scuola, in teoria... anche se un bimbo "mai nato" a scuola non ci può andare.Tutte contraddizioni che nemmeno una circolare, emanata 24 ore prima dell’entrata in vigore della nuova norma, riuscì a sanare: «Il ministero dell’Interno con questa sottolineava che "per le dichiarazioni di nascita e il riconoscimento di filiazione non deve essere esibito il permesso di soggiorno" – spiega Rosato –, ma questa circolare contraddiceva una legge ancora oggi vigente. Il risultato è il caos: molti enti locali, nel dubbio su quale norma devono applicare, rifiutano il certificato di nascita. È comunque importante che il ministero dell’Interno abbia assicurato che la nascita va riconosciuta indipendentemente dalla situazione del genitore», come peraltro prescrivono le Carte internazionali sottoscritte anche dall’Italia, prima tra tutte la Convenzione Onu sui Diritti del Fanciullo.«La nascita di un essere umano è un fatto – conferma Paola Binetti, deputata di Area popolare –, e
contra factum non valet argomentum, quel bambino è nato, c’è. Poi potremo discutere di tutto il resto, se è italiano o straniero, se mandarlo a scuola o no, ma prima di tutto ha il diritto a esistere». Per Binetti, insomma, «nella legge c’è un vulnus che va assolutamente corretto in sede parlamentare. Se ho un diritto a nascere, ho anche il diritto che venga riconosciuta la mia nascita. Sono certa che a nessun parlamentare, di nessuno schieramento, verrebbe in mente di negare questo». «Condivido fortemente», commenta anche Milena Santerini (Per l’Italia Centro Democratico). «Il colmo è che facciamo tante campagne per il diritto alla registrazione anagrafica nei Paesi in via di sviluppo, e poi scopriamo che succede qui da noi. È necessario intervenire subito, nello spirito della legge che stiamo discutendo sulla cittadinanza. Si tratta di due argomenti diversi, ma sempre di bambini in bilico tra la vita che si trovano a condurre nel nostro Paese e il fatto di essere stranieri. Il caso dei neonati invisibili che
Avvenire ha fatto emergere è anche peggio: faremo una mozione e impegneremo il governo su questo».La soluzione indicata da Rosato: «Da sei anni l’Italia ha privato di un diritto indiscutibile forse un gran numero di bambini. Non esiste una rilevazione ufficiale, perché i genitori hanno paura di essere espulsi, ma fosse anche un solo bambino "non nato per legge", ne varrebbe la pena».