Regionali. Basilicata, alta tensione Pd-M5s. E Calenda e Renzi scelgono il centrodestra
La Basilicata trasforma il campo largo in campo minato. Pd e 5 stelle (trovano l'intesa su Piero Marrese, sindaco dem di Montalbano Jonico e presidente della Provincia di Matera) ma è il solo dato positivo. Restano mille malesseri locali. Resta la diffidenza delle segreterie. Resta l'incapacità di costruire una coalizione. E soprattutto resta il grande gelo con i centristi di Renzi e Calenda che salutano Pd e 5 stelle e con la soddisfazione di Tajani decidono i sostenere Vito Bardi, il candidato del centrodestra. È questa la notizia della mattinata. Lo strappo di Calenda (Renzi aveva già deciso). «Dopo mesi di tentativi per costruire un'alleanza riformista in una regione dove il nostro partito ha conquistato una centralità prendendo il 12.2% alle elezioni politiche, abbiamo dovuto prendere atto della volontà del Pd e del M5S di tenere Azione fuori dalla coalizione», scrivono in una nota congiunta, il segretario regionale di Azione Basilicata, Donato Pessolano, e il consigliere regionale Marcello Pittella, annunciando il sostegno al centrodestra. E ancora: «Lo spettacolo di queste ore di candidati ritirati, rilanciati e bruciati; i conflitti interni al Pd e al M5S, l'assenza di qualsiasi ragionamento sul programma dimostrano che governare una regione con veti e conflitti non è possibile». Intanto gira un audio shock inviato da Pittella per spiegare la scelta ai suoi sostenitori: per Pd e M5s «noi dobbiamo morire come gli ebrei... C'è proprio un'azione a far male, a far morire. Sapete quando deportavano gli ebrei e dovevano portarli nelle camere a gas? Ecco, io sono uno che deve morire».
Parole pesantissime alle quali, però, poco dopo, lo stesso Pittella ha tentato di porre rimedio scusandosi: «I giorni di stress e tensione emotiva hanno generato una ingiustificata e totalmente non voluta iperbole in un audio privato - ha spiegato -. Parole che ho usato per rappresentare il modo in cui, dopo aver governato la Regione per il centrosinistra con dignità e onore, siamo stato trattati. Sono profondamente dispiaciuto per l'accaduto e mi scuso con chi può essersi sentito offeso».
In ogni caso il clima resta teso e fa scomparire l'intesa su Marrese trovata dopo ore e ore di riunioni telefoniche fra Potenza e Roma. La tensione cancella (o almeno appanna) l'accordo. Un accordo voluto dal Pd nonostante momenti quasi da psicodramma politico. In Basilicata il campo largo prima definisce il proprio perimetro con Pd, M5s, Avs, Psi, +Europa. Poi arriva all'intesa sul nome da schierare alle Regionali fra poco più di un mese: Ma la sfida dopo la scelta di Renzi e Calenda per il centrodestra complica tutto. Insomma restano tensioni e nodi ancora da sciogliere. Come quello sul ruolo di Angelo Chiorazzo, l'imprenditore della sanità, che era stato proposto dal Pd e stoppato dal M5s, costringendo a virare sul chirurgo Domenico Lacerenza, rimasto in corsa solo 72 prima di fare un passo indietro. Senza tralasciare le scorie che questo travagliato processo decisionale potrà lasciare all'interno soprattutto del Pd.
La soluzione Marrese - classe 1980, eletto alla guida della Provincia a fine 2022 come unico candidato - è stata messa sul tavolo della coalizione nella mattinata di sabato, dopo trattative proseguite per tutta la notte, e ufficializzata poi solo in serata. Con la precisazione che la «proposta resta aperta ad altre forze civiche dello stesso campo che vorranno aderire». In mezzo a questa complicata giornata, la denuncia di Carlo Calenda, «sconcertato» perché le sue telefonate a Elly Schlein non hanno trovato risposta. Tajani applaude la scelta di Renzi e Calenda di sostenere Bardi. E Renzi affonda il dito nella piaga del suo ex partito: «Il Pd non è più quello di prima... La nuova leadership dem non fa le primarie e non punta ai voti ma ai veti: auguri, va bene così, secondo me vince Bardi». Sale il malessere. Ma per Boccia «le vicende comunali e regionali sono sempre condizionate da accordi locali e storie diverse», spiega il capogruppo dem al Senato. E chiosa: «Il Pd è il primo partito della coalizione e ha la responsabilità di agire sempre per l'unità. Chi è contro l'unità del centrosinistra ne risponderà davanti agli elettori nelle prossime elezioni europee».
Se in Basilicata è stato costruito a fatica, in Piemonte il campo largo sembra non avere futuro. «Adesso che il Pd ha il suo nome, crediamo non ci sia più motivo di incontrarci», la presa di posizione del M5s piemontese, che declina l'invito della candidata del Pd Gianna Pentenero. Un nome su cui si riscontrano dubbi anche nel Pd. Soprattutto fra chi sperava in un progetto che coinvolgesse Sergio Chiamparino e il M5s. Fra i dem per ora si evitano polemiche interne esplicite. Ma molti sono pronti a mettere in discussione il metodo fin qui scelto per i candidati alle elezioni locali. Bisogna ascoltare i territori, è una delle osservazioni che si sentono nel partito in queste ore, senza ripetere errori come quello commesso alle suppletive a Monza per il posto al Senato dopo la morte di Silvio Berlusconi. E bisogna continuare l'opera di cucitura, per intercettare il mondo moderato.