Versiliana. Banche, Ue e pace, offensiva di Tajani: «Il governo non è una caserma»
Antonio Tajani ieri alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, intervistato da Alessandro Sallusti
Antonio Tajani a tutto campo, ieri alla Versiliana, assicura che il governo va avanti, «ma non è una caserma » e «la diversità è un valore». Non lo ha convinto la spiegazione data da Giorgia Meloni circa la necessaria riservatezza; anzi, il segretario di Forza Italia insiste, proprio a proposito di riservatezza e comunicazione della misura adottata sulle banche, che «abbiamo perso 10 miliardi di euro in Borsa» e che «forse se lo facevano a Borse chiuse il venerdì sera, sarebbe stato meglio». La pubblica intervista con Alessandro Sallusti, ormai prossimo direttore del Giornale, diventa l’occasione per tracciare una sorta di piano di battaglia per la Forza Italia del dopo Berlusconi: «Ho perso un amico, una guida - dice Tajani -. Mi manca la sua telefonata serale. Ma non possiamo parlarne con una visione nostalgica. Nel suo ultimo intervento ci parlò del futuro. Le idee dei grandi uomini non finiscono con la loro morte. Tocca a noi realizzare quei grandi progetti che non è riuscito ad attuare. Forza Italia - rivendica - è garanzia di stabilità, equilibrio e responsabilità senza fare demagogia, dicendo anche cose scomode ». Fi è «un partito liberale, siamo diversi dalla Lega e da Fratelli d’Italia», un partito che intende parlare «ai tanti che non vanno a votare, per essere un punto di ri-ferimento». Ricorda l’adesione di Caterina Chinnici al gruppo di Strasburgo e, proprio sulla collocazione europea, piazza un altro paletto robusto, a rivendicare di essere l’unico partito che aderisce a questa “alleanza Ursula” («Senza la quale ci saremmo trovati con una presidenza Timmermans») e a indicare stavolta, con più forza, che un’alternativa alla sinistra nella Ue si potrà spingere fino ai Conservatori di Giorgia Meloni, ma mai agli alleati di Matteo Salvini. L’unica combinazione per «sconfiggere i socialisti », secondo il leader azzurro, è infatti un accordo tra popolari, Ecr e liberali. Non è una questione di veti, spiega, ma «nessuno in Europa farà mai un accordo con Le Pen e Alternative für Deutschland, perché dire che bisogna mettere un bambino disabile in una classe di bambini disabili per non danneggiare quelli normali è una vergogna e a me questa roba fa schifo», dice ripetendo la parola più volte, corredando la sua affermazione anche con una puntura di spillo, quando ricorda che il leader della Lega non lo votò a presidente del Parlamento Europeo. Marca il territorio di nuovo sul salario minimo, «che va fissato dai contratti collettivi », sul taglio del cuneo fiscale, che «va stabilizzato al 7%», e sulle pensioni minime «per centrare l’obiettivo dei mille euro al mese a fine legislatura». Ma il governo, assicura, «durerà 5 anni, siamo diversi, ma coesi». A pesare ancora è soprattutto la norma della discordia sulle banche, assunta coinvolgendo la Lega e non Fi. Lo spirito lo condivide, ma non andava assunta indispettendo la comunità finanziaria e con questi contenuti, che ora vanno corretti. Altrimenti, «se si inizia con il populismo contro le banche, poi si passa alla patrimoniale». E il correttivo principale deve salvaguardare le piccole banche, quelle di prossimità: «Intanto la norma deve essere una tantum, secondo deve essere deducibile dalle tasse », premette. Ma soprattutto «il rischio è che le banche di credito cooperativo e le banche popolari paghino in proporzione più di quanto paga una banca francese o tedesca in Italia». Uno degli emendamenti che Fi presenterà, quindi, chiederà di «escludere le banche non sottoposte al controllo della Bce, per difendere i risparmiatori e le piccole imprese». Ma parla anche di Africa e immigrazione. «Fu un errore gravissimo lasciare ammazzare Gheddafi», dice, fu l’origine di tutta la turbolenza nel Nord Africa. E anche qui segna una differenza quando indica la necessità di intervenire come Europa nelle tante crisi africane, «senza risolvere le quali è impossibile arginare l’immigrazione». Bene però il “piano Mattei”: «I cinesi nei loro progetti fanno lavorare solo i cinesi, noi puntiamo a far lavorare gli africani». Sulla Cina rimarca le perplessità sul rinnovo dell’intesa per la Via della Seta: i rapporti economici con Pechino non vanno rafforzati. E fa un altro annuncio importante: un viaggio in Cina che ha in programma a settembre per sollecitare Pechino a «spingere la Russia a lavorare per la pace in Ucraina. «Noi sosteniamo le iniziative per la pace della Turchia, quelle di papa Francesco. E sollecitiamo la Cina».