Banca d'Italia. Il debito pubblico sfiora i 3mila miliardi di euro
La sede della Banca d'Italia
Il debito pubblico italiano sale ancora e tocca l’ennesimo record avvicinandosi sempre di più a quota 3mila miliardi di euro, che l’economista Carlo Cottarelli definisce «una soglia psicologica importante». Secondo gli ultimi dati di Bankitalia, a giugno è aumentato di 30,3 miliardi rispetto a maggio, arrivando a 2.948,5 miliardi. Il dato impressiona, ma più che un impatto diretto sulla manovra 2025 - i cui obiettivi concordati con l’Ue non dovrebbero essere fuori portata - preoccupano gli effetti nel lungo termine. Anche perché qualche cartuccia in più in vista della legge di Bilancio per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, arriva dal fronte delle entrate: a giugno sono affluite nelle casse dello Stato per 42 miliardi (più 9,9%) e, nel complesso del primo semestre, registrano un aumento del 7,5%, pari a 17,5 miliardi in più e portando il totale degli incassi a 248,8 miliardi.
L’incremento del debito, spiega via Nazionale nel Bollettino “Fabbisogno e Debito”, «riflette il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (15,3 miliardi), la crescita delle disponibilità liquide del Tesoro (13,5 miliardi, a 45,4), nonché l’effetto degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (1,4 miliardi). Il debito degli enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. La vita media residua è lievemente diminuita a 7,7 anni».
Come inevitabile, le letture sono diverse. La maggioranza si sofferma sul lato positivo delle entrate , che «demolisce la narrazione della sinistra: la cura Meloni sta funzionando alla grande», sottolinea per FdI Francesco Filini. Esulta letteralmente Tommaso Foti, il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, sostenendo che «negli ultimi cinque anni scende drasticamente l'evasione fiscale dal 21% al 16%». grazie a «uno Stato finalmente amico e alleato dei contribuenti, grazie alle riforme del governo Meloni che hanno semplificato efficacemente il Fisco». In casa Pd, invece, il responsabile economico Antonio Misiani attacca il governo che «non sta facendo nulla» contro la crescita «inarrestabile» del debito; e la tenuta dell'intero quadro di finanza pubblica, è sempre più sulle spalle delle «tasse in più pagate da dipendenti e pensionati». Per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, il debito «è il macigno che questo governo, con la sua inazione, sta gettando addosso alle nuove generazioni: servono liberalizzazioni e tagliare la spesa inutile». Mentre secondo Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato, «finiremo con il pagare 100 miliardi di interessi l’anno. E stiamo tornando sul “sentiero stretto” tra fine degli aiuti Bce e nuovo Patto di Stabilità. La stagione dei soldi a tutti, delle promesse populiste, del “tanto pagano gli altri” è finita. E in autunno arriverà il conto».
Guarda alle (preoccupanti) tendenze storiche del rapporto debito/Pil Cottarelli: «Tornerà verso il 140% entro i prossimi due anni prima di ridiscendere, ma fra un decennio l’Italia avrà ancora un passivo intorno al 130% del Pil che la rende vulnerabile al rischio di shock che faccia perdere la fiducia dei mercati e dipendente dall’aiuto esterno: occorrerebbe rilanciare la crescita sui livelli, doppi rispetto all’Italia, di Spagna e Portogallo, e rimettere mano a una seria spending review», commenta il tecnico già a capo dell’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica. «Occorrerà avviare - ricorda Cottarelli - una discesa per circa 1,25 punti di Pil l’anno. Unica alternativa - continua Cottarelli - è riuscire a portare il nostro tasso di crescita dall’attuale 1%, quando va bene, al 2-2,5% come Spagna o Portogallo, e mettere da parte per ridurre il debito le entrate che derivano da una maggior crescita, piuttosto che discutere di un “tesoretto” da spendere. Il buon andamento delle entrate che emerge dai dati Bankitalia è comunque una buona notizia anche se, come ha detto il ministro Giorgetti, bisogna essere prudenti».