Sentenza. Bimbi con due “mamme”: «I genitori non possono essere dello stesso sesso»
Una coppia omosessuale con una bimba a una manifestazione per i diritti Lgbtq a Roma
La sezione famiglia della Corte d'Appello civile di Milano ha accolto il ricorso della Procura milanese contro i decreti del Tribunale che, il 23 giugno scorso, avevano di fatto ritenuto valide le trascrizioni dei riconoscimenti dei figli di tre coppie di donne, nati con procreazione assistita effettuata all'estero, essendo prevista in Italia dalla legge 40 solo per le coppie formate da persone di sesso diverso. Una sentenza che ricorda quanto stabilito di recente dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 511/2024 nella quale ha negato la possibilità che un bimbo possa essere registrato in Italia come figlio di due genitrici (una italiana e l’altra statunitense) in base al diritto dello Stato Usa di nascita.
I giudici milanesi di secondo grado, dunque, hanno ribaltato la pronuncia dell'estate scorsa dichiarando illegittime le iscrizioni sul registro degli atti di nascita della doppia maternità del bambino. Attualmente «nel nostro ordinamento non esiste una norma che preveda la possibilità per il genitore d'intenzione» - ossia quello non biologico - di «far annotare nell'atto di nascita il riconoscimento del minore nato in Italia» con fecondazione assistita all'estero e non è «ammessa la formazione di un atto di nascita indicante quali genitori due persone dello stesso sesso». A sostegno della propria decisione i giudici di secondo grado in 15 pagine di provvedimento citano giurisprudenza della Cassazione ma anche della Corte Costituzionale.
Oltre alla pronuncia sul caso specifico, i giudici aggiungono però anche una richiesta di intervento al Parlamento: «La Corte riconosce che la materia di cui si tratta richiede l'intervento del Legislatore, unico soggetto capace di operare un articolato disegno normativo idoneo a declinare in modo corretto i diritti dei soggetti coinvolti nella vicenda procreativa umana medicalmente assistita, realizzando il bilanciamento di diritti di rango costituzionale che non devono venire a trovarsi in conflitto tra loro, ivi inclusi quelli del nascituro, soggetto capace di diritti, nel suo essere e nel suo divenire»
La battaglia dei ricorsi all'origine del caso
Lo scorso fine giugno la pm Rossana Guareschi degli Affari Civili, in accordo con il procuratore Marcello Viola, aveva presentato tre ricorsi alla Corte di appello chiedendo di rettificare l'atto di riconoscimento e di cancellare i nomi delle tre donne genitrici "intenzionali" di altrettanti figli concepiti in provetta all'estero con tecnica della procreazione medicalmente assistita e nati dalla loro compagna, unica vera madre. Un'impugnazione alla decisione del 23 giugno dell'ottava sezione civile del Tribunale di Milano, che aveva invece ritenuto inammissibili i precedenti ricorsi motivando che l'annullamento della trascrizione del riconoscimento «non possa essere realizzato attraverso il procedimento di rettificazione» ma con «l'instaurazione di una vera e propria azione volta alla rimozione dello stato di figlio».