Una visione alta della politica,
prospettata dinanzi a chi ha "dal popolo l'onore e il dovere di
servire il Paese". Un compito, ha detto il cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella Messa per i parlamentari
italiani, che "richiede competenza, onestà morale, sacrificio".
A seguire il tradizionale rito pre-natalizio per i
deputati e i senatori nella chiesa romana di Santa Maria sopra
Minerva, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso,
il ministro dell'Interno Angelino Alfano, il leader dell'Udc
Pierferdinando Casini, il senatore Mario Mauro, l'ex
sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Che cosa ha da dire, si è chiesto il capo dei vescovi
italiano nell'omelia, la fede alla politica? "Mi pare che
solleciti l'agire politico ad essere umile, nel segno del
servizio non del potere; lo sollecita a non essere supponente e
arrogante, e - quanto più ha il dovere e il potere di decidere
per tutti - è chiamato ad essere altamente consapevole delle
difficoltà a individuare il bene comune e a perseguirlo", ha
detto. "È chiamato a dire la verità sempre senza esibire se
stesso", ha aggiunto.
E non è mancato, da parte del presidente della Cei, un
riferimento allo spinoso tema del lavoro e della disoccupazione.
"Mi sia permesso - ha affermato - dar voce ad una forma di vita
oggi particolarmente sentita che vogliamo deporre sull'altare:
il lavoro. La vita dipende moltissimo dal lavoro ed esso, a sua
volta, genera altra vita, fiducia e futuro". Si tratta, ha
proseguito, "di un'esigenza assolutamente primaria che non
ammette ritardi né distrazioni".
"Vogliamo pregare - ha poi concluso Bagnasco - anche per il
nostro amato Paese: sia esso servito con grande cuore e
sacrificio, con la capacità di guardare al presente con le sue
pungenti difficoltà, ma anche al futuro delle generazioni".
Il testo dell'omelia:
Eccellenza, cari fratelli e sorelle nel Signore
È motivo di gioia, nell’imminenza del Santo Natale, pregare insieme a voi, che avete dal popolo l’onore e il dovere di servire il Paese. Tale compito richiede competenza, onestà morale, sacrificio.
L’anno Santo della Misericordia, che il Santo Padre Francesco ha indetto per tutta la Chiesa, è motivo di riflessione, di preghiera e di conversione per ogni singolo cristiano, così da poter contagiare al meglio ogni dovere, nella Chiesa come nella società civile, nella famiglia come nell’ampio mondo del lavoro e nella politica.
La Sacra Scrittura, per parlare della misericordia di Dio, usa diverse parole che rivelano degli aspetti utili per cogliere la bellezza e la concretezza della misericordia che, in sé, non è altro che l’amore di Dio per gli uomini.
Il termine biblico “hesed” descrive la misericordia divina come “fedeltà”: Dio ha stabilito un patto con l’antico Israele e – nonostante ripensamenti e tradimenti del popolo – il Signore resta fedele alla sua parola di alleanza e d’amore. L’assoluta fedeltà di Dio all’uomo deve destare in noi un senso di stabilità e di fiducia: sapere che possiamo contare sempre e comunque sull’amore di qualcuno – ma soprattutto di Dio – genera sicurezza, vince lo smarrimento, quel senso di liquidità così diffuso e opprimente oggi. Che cosa dice alla politica? Dice che essa deve essere affidabile per i cittadini, altrimenti si espande uno spirito di sfiducia verso chi li rappresenta e – ciò che sarebbe peggio – verso le stesse istituzioni.
Ma la Bibbia usa anche un’altra parola - “rahamin”- che rimanda, come significato, al ventre materno. Qual è il legame tra il grembo della madre e la misericordia? L’amore di Dio per l’uomo non solo è fedele, ma anche tenero e fecondo. Dio si avvicina al mondo con un amore che si manifesta nel Natale, cioè con i caratteri dell’umiltà e della discrezione; non si impone ma si propone senza arroganza e superbia. Gesù ritornerà alla fine dei tempi sulla terra in tutta la sua gloria e potenza, ma è entrato nella storia in punta di piedi: Betlemme ne è il luogo storico, e il presepe ne è la rappresentazione piena di dolcezza e di pace.
Anche qui, chiediamoci che cosa ha da dire alla politica? Mi pare che solleciti l’agire politico ad essere umile, nel segno del servizio non del potere; lo sollecita a non essere supponente e arrogante, e – quanto più ha il dovere e il potere di decidere per tutti - è chiamato ad essere altamente consapevole delle difficoltà a individuare il bene comune e a perseguirlo. E’ chiamato a dire la verità sempre senza esibire se stesso.
Infine, il riferimento al grembo materno evoca che l’amore di Dio è fecondo, cioè genera vita. Tale è la vera misericordia: non un sentimentalismo fatuo, non un’emozione passeggera, non un abbraccio vuoto e inutile, ma una forza che genera vita per gli altri perché dà se stessa per gli altri. Anche qui vediamo in controluce il volto della missione politica: essa o sostiene ogni forma di vita, o produce forme di vita buona per tutti – specialmente per i poveri e deboli -, oppure è autoreferenziale.
Qui entra il discorso sulla verità: per generare vita buona bisogna sapere qual è la vita buona. Essa non deriva necessariamente dal desiderio di ciascuno, ma da una visione più alta e complessiva che richiede fatica intellettuale, disinteresse personale, libertà interiore. Mi sia permesso dar voce ad una forma di vita oggi particolarmente sentita, che vogliamo deporre sull’altare; la vita dipende moltissimo dal lavoro ed esso, a sua volta, genera altra vita, fiducia e futuro.
Cari Fratelli e Sorelle, mentre affidiamo al Signore le intenzioni del nostro cuore, le nostre famiglie, le persone care, vogliamo pregare anche per il nostro amato Paese: sia esso servito con grande cuore e sacrificio, con la capacità di guardare al presente con le sue pungenti difficoltà, ma anche al futuro delle generazioni. Il Dio Bambino ci benedica, ci sostenga e ci illumini.