Genova. Bagnasco: il popolo degli onesti reagisca
«Il popolo degli onesti deve assolutamente reagire senza deprimersi, continuando a fare con onestà e competenza il proprio lavoro ma anche protestando nei modi corretti contro questo "mal esempio" che sembra essere un regime». Sono parole pronunciate dal cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Cei, interpellato a proposito dei nuovi scandali sugli appalti pubblici su cui indaga la Procura di Firenze, a margine di un incontro pre-pasquale con il mondo genovese della scuola. «Purtroppo – ha aggiunto a margine di un incontro sulla scuola a Genova – lo spettacolo è deprimente e sembra crescere. Spero che la gente, la gente semplice non si lasci deprimere o scoraggiare dai cattivi esempi che vengono da tante parti, soprattutto da chi ha maggiori responsabilità nella cosa pubblica». Parlando della riforma della scuola del governo Renzi, Bagnasco ha sottolineato che «la libertà educativa dei genitori deve essere comunque non soltanto affermata, ma anche sostenuta concretamente». Bagnasco ha anche commentato i recenti episodi di bullismo tra giovanissimi in città: «Si raccoglie quello che si semina: si semina il vuoto e si raccoglie il disastro, si semina il vento e si raccoglie la tempesta, la tempesta di un vuoto interiore». Notando che «dare enfasi a questi fatti non fa bene a nessuno», il presidente della Cei ha aggiunto che «dove non c'è un patrimonio, una ricchezza interiore di valori autentici di ordine spirituale e morale, non c'è robustezza umana e quindi si è esposti a tutte queste derive. Il fenomeno del bullismo è assolutamente deprecabile, in tutte le sue forme, che sono state purtroppo ancora una volta documentate e che esprimono un bisogno di affermazione di sé attraverso delle vie assurde che sono appunto quelle delle violenza verso chi è più debole». Un pensiero infine anche sulle pesanti critiche alle dichiarazioni di Dolce e Gabbana a difesa della famiglia tradizionale piovute da star e attivisti Lgbt: «Mi meraviglio di questo fatto», perché «si parla continuamente di libertà di espressione».