Azzardomafie. Retata a Catania: 65 indagati, sequestrati beni per 30 milioni
Ancora una volta azzardomafia. Ancora una volta l’intreccio tra azzardo legale e illegale, col primo come comoda copertura. Anche grandi concessionari. Ancora una volta scommesse online, la nuova frontiera degli affari del clan. Ancora una volta Catania, che si conferma città centrale per imprenditori dell’azzardo e per i clan alleati. Operazione 'Apate': 13 arresti, uno in carcere e 12 ai domici-liari, 65 persone indagate, sequestro di 38 agenzie di scommesse nelle province di Catania, Agrigento, Messina, Siracusa e Enna e di beni per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. Unico in carcere è Antonio Padovani e per lui è l’ennesima inchiesta. La prima nel 2009, poi nel 2011, nel 2013 e nel 2018. Definito 're dei videopoker' e poi passato alla scommesse, non cambiando però i sodali, cioè le cosche Santapaola, Cappello e Bonaccorsi-Carateddi. (nel passato anche col clan camorrista dei 'casalesi'). E ricchi guadagni.
È quanto emerge dall’inchiesta della Dia di Catania assieme alla Guardia di Finanza, ai Carabinieri e alla Polizia, sotto il coordinamento della Dda etnea che ha colpito una rete di scommesse abusive online su varie piattaforme utilizzando agenzie e punti di raccolta riconducibili a società che operavano in Austria, Bulgaria e Malta. I reati ipotizzati sono associazione per delinquere, attività abusiva di gioco e scommesse, truffa aggravata ai danni dello Stato ed intestazione fittizia di beni. Padovani è stato arrestato nella sua lussuosissima villa di Sant’Agata Li Battiati all’interno della quale la Dia ha sequestrato oltre diecimila euro in contante. L’imprenditore, malgrado le tante inchieste, era riuscito a passare dalle slot alle scommesse, grazie a cinque piattaforme online, quali Asso, Vegas, Vegasbet, Netslot.net - Netslot. eu, Imperium-games.net (cosiddette total black, in quanto sprovviste di qualsiasi autorizzazione dell’Agenzia dei Monopoli) destinate apparentemente al gioco a distanza, ma adibite in realtà alle scommesse da banco.
E questo avveniva anche grazie ad agenzie di importantissimi concessionari, come appare nel video reso noto e come ha spiegato il vicedirettore della Dia, Nicola Altiero. «Il sistema si reggeva su un controllo capillare che doveva anche determinare l’imposizione di cloud, di collegamenti online anche alle agenzie che erano già titolari di una licenza ufficiale. E questo determinava una sorta di doppio binario: nella stessa agenzia si potevano trovare sia la licenza ufficiale sia il collegamento parallelo del tutto sconosciuto». Diverse agenzie sono risultate in mano a esponenti mafiosi, in quanto gestite direttamente o per il tramite di familiari o soggetti a loro collegati.
E infatti, dall’attività investigativa della Dia, e in particolare dalle intercettazioni, è emerso come Padovani, oltre a foraggiare e accrescere gli interessi dei clan, garantiva il mantenimento di familiari di un esponente di primissimo piano dei Santapaola, scarcerato di recente. Davvero un ricchissimo affare che ha messo d’accordo i clan catanesi, anche quelli storicamente contrapposti, in questo caso uniti dagli interessi delle scommesse. Come ha spiegato Carmine Mosca, capo centro della Dia Catania, sono state le rivelazioni di Fabio Lanzafame, coinvolto in Revolution bet, un’operazione della guardia di finanza contro il gioco on line, e ora collaboratore di giustizia, a spiegare i meccanismi «facendo un quadro chiarissimo su come avrebbe funzionato il sistema. Le indagini, soprattutto quelle tecniche, ci hanno confermato in tutto quanto ci aveva anticipato».