Respinto il ricorso del boss. Azzardo-mafie, ecco le condanne
il murale dedicato a Domi Martimucci ad Altamura (Bari)
Condanna definitiva per il mandante e uno degli esecutori dell’attentato di sei anni fa contro una sala giochi di Altamura che provocò la morte di Domenico 'Domi' Martimucci, 26 anni, la prima vittima innocente delle 'azzardomafie'. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso del boss Mario Dambrosio e di Luciano Forte, confermando così le condanne a 30 e 18 anni per omicidio volontario e tentato omicidio plurimo con aggravante mafiosa. Per entrambi sono così scattate le manette, Dambrosio era comunque già in carcere per altri reati, mentre Forte era agli arresti domiciliari. L’altro esecutore, Savino Berardi, che aveva scelto il rito abbreviato, era già stato condannato definitivamente a 20 anni. Soddisfazione viene espressa sia dai magistrati che hanno condotto l’indagine che dalla famiglia di Domenico, che ringrazia tutti quelli che hanno contribuito al raggiungimento della verità e sono stati vicini, magistratura, forze dell’ordine, Diocesi, Libera, ma denuncia anche come il ministero del-l’Interno si ostini a «negare il riconoscimento di familiari di vittima innocente di mafia per una parentela di quinto grado tra Domi e una persona sottoposta a misure di prevenzione, nonostante il Prefetto di Bari abbia espresso parere favorevole dopo un’indagine dei carabinieri».
Una lontana parentela che, aggiunge amaramente la famiglia, «si ritiene basti a paragonarci a chi ha tolto la vita a Domi. Incredibile. Ma noi dobbiamo trovare la forza per andare avanti, promuovendo legalità». Tutto comincia poco dopo la mezzanotte del 5 marzo 2015 quando una bomba viene fatta esplodere davanti alla vetrina della sala giochi 'Green table', quasi un chilo di tritolo 'pari a 20 granate da guerra' l’hanno definita i pm Giuseppe Gatti e Renato Nitti che hanno condotto l’inchiesta, il primo oggi in Procura nazionale antimafia, il secondo procuratore di Trani. Il locale è affollato, soprattutto da giovani che giocano a carte e guardano una partita in tv. Chi ha organizzato l’attentato lo sa.
E gli effetti sono gravissimi, davvero una strage. Una strage di 'azzardomafia'. Vengono feriti otto ragazzi. Tra loro Domenico, promettente calciatore, soprannominato 'piccolo Zidane' per la sua bravura. Viene colpito alla testa da pezzi di metallo, è gravissimo. È trasferito in una clinica austriaca specializzata in riabilitazione neurologica, ma il suo fisico sportivo non ce la fa. L’1 agosto muore. Grazie alle telecamere della zona, i carabinieri riescono a individuare l’auto degli attentatori, di proprietà di un incensurato 21enne, Luciano Forte.
E seguendo lui vengono individuati l’altro esecutore e il mandante Mario Dambrosio, fratello del più noto Bartolomeo, boss di Altamura ucciso in un agguato nel settembre 2010. Il movente era la lotta per il controllo del mercato dell’azzardo. Dalle indagini emerse che Dambrosio non voleva arrendersi al fatto di aver perso gran parte della clientela all’indomani del tentativo di omicidio nei suoi confronti il 31 luglio 2014. Dopo quell’episodio molti per paura non andavano più nelle sue sale gestite da un prestanome. Azzardo assolutamente legale. Così il boss fa una prima mossa e si reca al 'Green Table' per prendere un caffè simbolico coi suoi ex clienti. Un chiaro segnale. In perfetto stile mafioso. E poi passa all’azione, per colpire la concorrenza e provocare terrore.
A pagarne le conseguenze tutte persone totalmente estranee, in particolare Domi. Tutto ricostruito dell’inchiesta che ha retto fino in Cassazione. «È stato davvero un bel lavoro di squadra – commenta Giuseppe Gatti –. Ma la cosa più bella è stata la risposta di riscatto del territorio. Sangue innocente che tocca le coscienze e provoca processi di rigenerazione. Grazie anche alla forte e convinta testimonianza della famiglia». Che, infatti, oltre a dar vita all’associazione 'Noi siamo Domi', ha promosso tutta una serie di iniziative su legalità, sport pulito, lotta alle mafie e all’azzardo, che coinvolgono soprattutto i ragazzi. Per questo, pur in questa giornata di giustizia, sottolinea come «le Istituzioni, con l’abbassarsi delle luci dei riflettori, spesso dimenticano chi ha sofferto e soffre ogni giorno, anche le famiglie e chi come noi cerca - per quello che può - di combattere l’illegalità attraverso l’antimafia sociale. Ora attendiamo le loro risposte concrete sul territorio». A cominciare da quel riconoscimento dovuto di vittima innocente delle azzardomafie.