Azzardo. Sale slot ovunque. Il «no» dei vescovi in Calabria
Con l’azzardo non si gioca, perché si scommette sulla salute delle persone e la tenuta non solo economica delle famiglie. Lo stigmatizzano i vescovi calabresi che bocciano la proposta di legge della maggioranza di centrodestra inserita all’ordine del giorno del Consiglio regionale di lunedì dopo il rinvio nell’ultima seduta per mancanza del numero legale. Prevede il trasferimento di poteri dalla Regione ai Comuni e l’alleggerimento di alcuni vincoli: l’eliminazione della norma che fissa a otto ore giornaliere l’apertura delle sale gioco e scommessa, la riduzione da 500 metri a 300 metri della distanza dalle scuole, nei comuni con più di 5mila abitanti, il permesso che le sale rimangano anche a 10 metri da centri sportivi, luoghi di culto, scuole e altri luoghi sensibili. «Lascia interdetti l’eventualità di modificare la legge riguardante la lotta all’usura e al gioco d’azzardo, intervenendo sulla normativa relativa agli “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della 'ndrangheta e per promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza”», denuncia la Conferenza episcopale calabra, sottolineando che «la modifica scarica forti responsabilità sui sindaci e pesanti conseguenze sulla popolazione, vanificando ogni tentativo di prevenzione della ludopatia.
L’affidamento a ogni singolo sindaco e Comune delle decisioni in merito alle modalità di autorizzazione degli orari di apertura, uniformando al ribasso il distanziamento tra le sale slot e i luoghi sensibili, è una scelta sconsiderata, rispetto alla quale le motivazioni restano incomprensibili ». I vescovi si chiedono «perché scaricare sui sindaci, già oberati di tante responsabilità, rendendoli passibili di ulteriori pressioni, questa problematica così complessa? Un contesto al quale la criminalità organizzata guarda con attenzione per interessi economici, al fine di sfruttare la fragilità di chi vive una condizione di debolezza e dipendenza patologica».
I vescovi calabresi, «di fronte a questa iniziativa, di fatto dannosa per il tessuto sociale, denunciano con forza la pericolosità di tali paventate scelte. È davvero questo il regalo di Natale che si vuole fare ai cittadini calabresi alle loro famiglie, alle comunità di una regione che lotta ogni giorno per la legalità e contro l’oppressione della criminalità organizzata? Allentare il controllo sul gioco d’azzardo significa indebolire la legalità e sfavorire la giustizia e la giustizia sociale in particolare», ricordano i presuli mettendo giustamente l’accento sugli appetiti della ‘ndrangheta nel business tanto malato quanto ricco dell’azzardo, come testimoniano decine d’inchieste giudiziarie anche calabresi. Dalla maggioranza di centrodestra che procede compatta (almeno per ora) s’è staccata la capogruppo della Lega in consiglio regionale e neo parlamentare, Simona Loizzo, che ha chiesto «ai colleghi di ritirare la proposta di legge sulle sale da gioco». Game over all’iniziativa anche da parte della sottosegretaria agli Interni, Wanda Ferro, pure lei calabrese, che cita la presa di posizione contraria alla modifica da parte di varie associazioni, comunità e sigle del terzo settore: «Condivido il loro appello sulla necessità di rivedere la proposta di legge».
La sottosegretaria snocciola i dati diffusi dalle stesse realtà che parlano di 4,2 miliardi di giocate annue in Calabria. «Un fenomeno che colpisce soprattutto le fasce più deboli della popolazione, con maggiori difficoltà economiche, ferendo dai giovanissimi agli anziani. Una dipendenza che ha effetti devastanti per la salute dei giocatori e la condizione delle famiglie, forti ripercussioni economiche e sociali, oltre ad alimentare attività criminali come l’usura», conclude la Ferro.