Hanno dovuto rispedire i registri contabili al mittente. Perché dalla rendicontazione dei dieci concessionari del gioco d’azzardo la Corte dei conti del Lazio non è riuscita a cavare un solo dato certo.Cifre sparse e calcoli in disordine dal 2004 al 2013. Nove anni non sono bastati, nonostante le ripetute modifiche normative e i reiterati solleciti della magistratura, a superare le «numerose criticità» segnalate ancora una volta da Ivan De Musso, presidente della Corte dei Conti a Roma.Si comincia dagli esercizi finanziari 2004-2009. «L’incertezza del dato contabile rappresentato – ha segnalato De Musso nella relazione per l’apertura dell’anno giudiziario – e il notevole grado di approssimazione rinvenuto sia nella redazione della rendicontazione che nelle successive attività di verifica compiute dalla stessa Amministrazione e da parte della competente struttura di controllo interno, hanno determinato il Collegio a dichiarare la improcedibilità dell’avviato giudizio di conto». Costringendo la magistratura contabile ad una scelta clamorosa: «La restituzione degli atti» e la trasmissione dei documenti alla Procura regionale, che ha avviato un fascicolo d’inchiesta per accertare eventuali «responsabilità amministrative». Non si esclude, dunque, che anche tra chi era preposto a sorvegliare avesse sonnecchiato. Una opacità che il presidente della Corte regionale del Lazio, competente territorialmente sul controllo dei concessionari del gioco d’azzardo di tutta Italia, dice di avere riscontrato anche per la rendicontazione degli anni successivi. «Sulle contabilità redatte e depositate nello stesso modo dalle medesime società per l’esercizio 2010 si è provveduto ad avviare la restituzione all’Amministrazione che avrebbe, comunque, dall’anno in corso, modificato la convenzione di affidamento per uniformarsi ai rilievi della Corte, offrendo dati certi ed attendibili».Un rimprovero neanche tanto velato, dunque, tanto alle società di "Azzardopoli" quanto ai Monopoli di Stato, invitati ad una maggiore efficacia nei controlli su quanti hanno ottenuto la licenza ad operare in un settore così controverso.Il disordine riscontrato sarebbe tale che «per le annualità fino al 2013, l’Amministrazione (dei Monopoli di Stato, ndr) ha dichiarato di non poter fornire i dati richiesti dalla Sezione (del tribunale contabile, ndr) che ha, peraltro, rilevato l’impossibilità di procedere ad una compilazione d’ufficio del conto, in assenza di scritture contabili», che fossero minimamente dotate di «certezza e attendibilità».Abbastanza perché l’intero comparto sia tornato nel mirino della Corte dei conti. I detective contabili hanno avviato e ultimato un’istruttoria sui rendiconti di «diverse concessionarie relativa alla raccolta del gioco in materia di concorsi pronostici su base sportiva, scommesse sportive a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli e di scommesse ippiche», per i periodi 2006-2008. Non ci si poteva aspettare di peggio: «Anche in questo caso numerose criticità non superate dalle relazioni prodotte in sede di giudizio».In altre parole, le società non hanno fatto i compiti a casa, così come già aveva intimato la Corte. «Si è trattato di verificare – ha spiegato De Musso – il dato delle somme giocate e incassate dal concessionario, come risultante dai 50 prospetti inviati, nonché di capire come queste stesse somme sono versate, per la parte di pertinenza, all’erario dello Stato».C’è da sperare che almeno le macchinette mangiasoldi siano tarate con meno approssimazione.