Azzurro vergogna. Azzardo Nazionale. Pressing sulla Figc
La questione dello sponsor “antitetico” della Nazionale di calcio è ormai politica come “tuona” su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: «Non bastavano attori, calciatori e personaggi famosi: ora ci si mette anche la Federcalcio a utilizzare la sua immagine per promuovere la poco edificante mania del gioco d’azzardo. La ludopatia è una malattia per un milione di italiani. Solo nel 2014 – continua Meloni – gli italiani nel gioco d’azzardo legale hanno bruciato 85 miliardi, ovvero un decimo della spesa complessiva delle famiglie». Per la parlamentare, siamo davanti a «un atto scellerato e su questo presenteremo immediatamente un’interrogazione parlamentare». Sarebbe la seconda interrogazione dopo quella presentata da Ermete Realacci del Partito Democratico.
E se fosse ancora seduto in Parlamento la terza interrogazione arriverebbe da Massimo Mauro, ala destra, classe 1962: uno abituato a giocare con i grandi (Platini alla Juve, Zico all’Udinese e Maradona a Napoli), a dribblare gli avversari ma non le «questioni etiche» in virtù anche dei suoi trascorsi po-litici: vent’anni fa veniva eletto alla Camera dei deputati per le liste dell’Ulivo. «Se fossi ancora in Parlamento certo avrei posto la questione dello sponsor (Intralot) della Nazionale. Da ex calciatore e ora opinionista televisivo (su Sky) per me la parola “gioco” è sinonimo esclusivamente di divertimento. Se poi il divertimento diventa gioco di scommesse e quindi patologia, allora la cosa incomincia a preoccuparmi. Così come mi preoccupa il calciatore che è convinto che la vita sia fatta solo di calcio e che pone come obiettivo principale il denaro derivato dalle scommesse».
Un problema sociale quello dei ludopatici anche se per Mauro c’è anche una certa «ipocrisia dello Stato che mette a budget cifre importanti per le campagne che combattono la ludopatia, ma poi incentiva il gioco». Già ma a 15 anni forse un ragazzo non riesce a comprendere a pieno il messaggio di “gioco responsabile”. «A quell’età infatti forse sarebbe meglio parlare di “gioco inconsapevole”. A me è stato proposto di fare da testimonial a una società del settore scommesse ma la cosa per fortuna si è arenata sul nascere. Nella mia carriera ho conosciuto calciatori importanti, di Serie A, che si sono ammalati e rovinati con il “gioco d’azzardo”». Il sistema 'malato' rimanda anche alle scelte federali.
«La Figc con questo spot non credo intenda incitare al gioco d’azzardo, però mi piacerebbe tanto facesse un passo indietro e che si togliesse quello sponsor dalla tuta perché stride troppo con quelli che sono i valori sani del calcio... La Federazione ha detto che i soldi di Intralot verranno utilizzati per progetti sociali, allora ho un consiglio da dargli: donateli alla ricerca sulla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). Dateli a noi della Fondazione Vialli-Mauro che abbiamo un bisogno disperato di finanziare la sperimentazione di due-tre farmaci che potrebbero regalare una speranza ai circa 6mila malati di Sla in Italia, alcuni dei quali sono stati anche dei calciatori». Un messaggio solidale e di speranza che raccoglie con le sue grandi mani una leggenda del calcio azzurro come Dino Zoff, campione del mondo, a 40 anni, a Spagna 1982. Ma quello era un calcio più umano, «tanto per dirne una, queste agenzie di scommesse non esistevano ». Ora invece ci sono e finanziano la sua Nazionale di cui è stato ct.
«Da parte della Figc mi pare sia stata fatta un’operazione di scarsa sensibilità, specie per la presenza delle tante squadre giovanili azzurre. Bisognava pensarci... Si poteva fare altro e certo era meglio evitare di mettere sulle “maglie” quel tipo di sponsor che, anche se legalizzato, è equivoco e inopportuno». Finora però nessuno all’interno del clan azzurro ha espresso il suo dissenso in merito alla sponsorizzazione. «I più esposti sono i giovani, ma un ragazzino entrato nel giro della Nazionale non può mica dire “quella scritta non la voglio”. Magari però qualcuno a casa potrebbe spiegargli che non è stata una buona scelta da parte della Federazione. I giocatori della Nazionale maggiore un commento potrebbero anche farlo, se vogliono. Ai miei tempi noi eravamo liberi di dire la nostra, ma almeno all’epoca la Federazione ci risparmiava delle figure del genere».