Azzardo. Sale slot distanti da scuola. Il caso dei mancati incassi
Il perché di tanta opposizione alle regole comunali sulle distanze delle sale "gioco" dai luoghi sensibili (scuole, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi) è in una piccola tabella a pagina 3 del documento che porta la firma del vicedirettore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Alessandro Aronica, e dal titolo molto significativo, "Giochi...a distanza". Dopo aver illustrato proprio i vari interventi di Regioni e Enti locali, il documento afferma che «l’Agenzia delle dogane e dei monopoli stima che l’osservazione di distanze dai cosiddetti luoghi sensibili paragonabili a quelle introdotte dalle disposizioni citate, inciderebbe su quote molto rilevanti dell’attuale offerta di gioco. Se si considerano le sole "scuole" e si ipotizza l’applicazione generalizzata di distanze fino ai 500 metri, i punti di vendita interessati dai divieti risultano essere, su un totale di 84.093, rispettivamente 15.669 entro 100 metri, 52.707 entro 300 metri, 65.397 entro 500».
E arriviamo alla tabella che quantifica il mancato incasso da parte dello Stato. Il titolo è, infatti, "Punti vendita che ricadono nell’intorno di una scuola (in percentuale sul totale) e ipotesi di impatto massimo sul gettito (milioni di euro) conseguente alla loro eliminazione". Secondo l’Agenzia, nell’ipotesi 100 metri, che coinvolgerebbe il 18,6% delle sale, la riduzione del gettito sarebbe di 838 milioni. Nell’ipotesi 300 metri le sale salirebbero al 62,6% e la riduzione del gettito a 2.822 milioni. Che arriverebbero a oltre 3,5 miliardi nell’ipotesi 500 metri, per cui si coinvolgerebbe il 77,7% dei punti vendita.Insomma la questione è tutta economica: sono i soldi che intascano le società dell’azzardo e quelli dello Stato. Si arriva così nel documento a fare affermazioni che sminuiscono i drammi provocati dalla presenza delle sale. Leggiamo infatti che «la perdita corrisponde, nei casi di gioco non compulsivo, al prezzo che il giocatore paga per divertirsi».
Che è molto diverso da quanto raccontano gli ex giocatori. Sulla stessa linea si afferma che «il rischio di una spesa eccessiva sembra riconducibile più direttamente a una attitudine soggettiva del giocatore piuttosto che alle insidie intrinseche dei diversi giochi». Quindi, è la conclusione, «vi è da chiedersi se l’imposizione di distanze minime dai cosiddetti siti sensibili, così come è stata concepita sinora, non rappresenti, nei fatti, una fuga nel proibizionismo, una fuga che chiude gli occhi rispetto alle future rivincite del circuito illegale». Cosa ne pensa il ministero dell’Economia, che vigila sull’Agenzia, di queste affermazioni? Lo scorso 9 febbraio, in commissione Finanze della Camera, rispondendo ad un’interrogazione del deputato Pd, Federico Ginato, il viceministro Luigi Casero ha fatto affermazioni quasi uguali. «È difficile stimare l’entità della riduzione del gettito connessa alla eventuale completa applicazione delle misure restrittive indicate; non è facile, tra l’altro, immaginare in che misura gli effetti negativi potranno essere compensati dalla parziale ridislocazione degli esercizi.
È certo, però, che l’osservazione di distanze dai cosiddetti luoghi sensibili paragonabili a quelle introdotte inciderebbe su quote molto rilevanti dell’attuale offerta di gioco. In tale ottica, sembra di dover segnalare anche il rischio in prospettiva di un riespandersi del gioco illegale». Non la pensa così il deputato del Pd, Lorenzo Basso, coordinatore intergruppo parlamentare sul contrasto all’azzardo, che fa riferimento anche al documento dei Monopoli. «Dobbiamo dirci con schiettezza che le distanze rappresentano ad oggi l’unico strumento efficace di riduzione dell’offerta. Lo dimostrano le stime presenti sul documento "Giochi…a distanza". La previsione di distanze da luoghi sensibili comporta riduzione dei volumi di gioco e quindi delle entrate dello Stato. La riduzione di entrate è argomento di cui tener conto con serietà, ma rappresenta anche l’unico vero indicatore in grado di certificare che si stia riducendo realmente il fenomeno e non solo rimodulando l’offerta».