Azzurro vergogna. Il filosofo Grion: «Azzardo e Nazionale? Così si umilia lo sport»
Luca Grion è un filosofo di professione e un maratoneta per passione. Oltre a insegnare Filosofia morale all’Università di Udine e a presiedere l’Istituto e il Centro Studi Jacques Maritain, è anche impegnato a difendere e promuovere la pratica sportiva come attività che «sollecita a prendere congedo dai propri vizi di ieri per costruire con pazienza e fatica le virtù di domani». Ha da poco curato un significativo volume che raccoglie appassionate riflessioni di studiosi e uomini di sport (L’Arte dell’Equilibrista. La pratica sportiva come allenamento del corpo e formazione del carattere, Edizioni Meudon). Sintonizzato su un’idea di sport che sia buona pratica di vita e una metafora efficace per l’educazione alla vita buona, è rimasto negativamente colpito dal caso 'Azzurro vergogna'.
La sponsorizzazione della Nazionale di calcio da parte di una importante società del gioco d’azzardo sembra evidenziare la distanza tra come lo sport dovrebbe essere e come lo sport, soprattutto quello professionistico, in realtà è. Una distanza che lei ha esplicitato nel suo libro...
La sola idea di legare l’azzardo allo sport denuncia la distanza profonda che ormai separa la realtà sportiva dagli ideali a cui dovrebbe ispirarsi. Di più. Rende manifesta l’inadeguatezza dei “signori dello sport” rispetto al ruolo istituzionale che sarebbero chiamati a svolgere. Uno scandalo nazionale che, purtroppo, si aggiunge a quelli ugualmente vergognosi che caratterizzano le istituzioni internazionali: penso ai recenti casi che hanno coinvolto diverse federazioni. Penso alla tristissima vicenda di Schwazer, dove è emerso con evidenza che ciò che sta a cuore del potere sportivo non sono certo i cosiddetti valori olimpici.
L’idea sottesa alle scommesse e all’azzardo sembra confliggere con lo sport inteso come disciplina, tenacia, autoefficacia, amicizia... È d’accordo?
Sono totalmente d’accordo. Lo sport è, prima di tutto, sfida esigente con se stessi. Nasce dal desiderio di mettersi alla prova e si alimenta della soddisfazione di farcela; e più la sfida è ardua, più impegno e dedizione richiede, tanto maggiore è la soddisfazione. A ciò si aggiunge il gusto del metterci alla prova in compagnia di altri, spronandoci a vicenda per dare il meglio di noi. Tutto questo è negato e umiliato dalla logica dell’azzardo, fatta di solitudine e di passività.
Nel libro si sottolinea come cresca la domanda di sport, quale fattore di crescita umana e sociale, mentre corruzione, falsità e ipocrisia si diffondono sulle piste e sui campi. Ci si domanda quindi se lo sport è davvero una risorsa o una parte del problema morale dei nostri tempi...
Io credo che si parli troppo dei valori dello sport e ci si preoccupi troppo poco di incarnarli in azioni concrete. In questo modo la retorica dello “sport scuola di vita” diventa un orpello ipocrita dietro il quale si cela l’idolatria della vittoria a tutti i costi. Il problema, sia chiaro, non sta nei contenuti, sacrosanti, di tale retorica; il problema risiede nell’incapacità di tradurli in azioni concrete. In questo noi adulti – come genitori, allenatori, dirigenti, politici – portiamo il peso di una grande responsabilità: abbiamo il dovere di riconsegnare i nostri figli il diritto ad uno sport sano. Uno sport, prima di tutto, divertente. Poi uno sport rispettoso dei loro tempi di sviluppo e di crescita. Infine uno sport in cui si alimenti il gusto della sfida personale, più che il desiderio di sconfiggere l’avversario.
Lei introduce l’interessante concetto di “agonismo responsabile”. Di che cosa si tratta?
Con questo concetto cerco di tenere assieme due aspetti ugualmente preziosi dello sport. Da un lato, il “valore vittoria”, senza il quale non esisterebbe lo sport; la prima regola di ogni gioco spiega infatti cosa fare per vincere, e la competizione rappresenta una motivazione essenziale. Dall’altro lato, i molti ingredienti che rendono gustosa la pratica sportiva: tenacia, amicizia, giustizia, inclusione, ecc. Tenere in equilibrio questi valori, senza avere occhi per uno soltanto, richiede intelligenza e saggezza.
La stessa commistione sport-azzardo riporta al centro l’interrogativo sul fine e il significato dello sport. Come li definirebbe?
Lo sport, come la filosofia, è un’attività fine a se stessa; non produce nulla, non serve a nulla. È inutile, per questo è preziosissimo. Il gioco è il luogo nel quale ci mettiamo liberamente alla prova per il solo gusto di scoprirci migliori di quanto immaginavamo di essere. È sfida esigente con noi stessi, prima che con gli altri. È luogo privilegiato di formazione del carattere, oltre che del corpo. È occasione per vincere i limiti che ci imprigionano e per accettare quelli che ci costituiscono.