Attualità

Il richiamo. Zuppi: basta con le mistificazioni sull'azzardo

Antonio Maria Mira sabato 21 dicembre 2024

Sempre allarmanti i numeri legati all'azzardo

L’azzardo è «un’allarmante realtà che preoccupa sempre di più». Ad affermarlo è il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, cardinale Matteo Zuppi. Le sue sono parole molto forti. Parla, infatti, di «un fenomeno che rischia di essere sottovalutato, anche con tentativi di mistificazione della realtà circa gli effetti sociali e sanitari sulla popolazione. Ignorando le conseguenze rappresentate da solitudini, le povertà economiche e relazionali, i rischi per la salute, le diseconomie improduttive, le infiltrazioni della criminalità organizzata nel gioco legale».

Una denuncia molto chiara, contenuta nell’introduzione che Zuppi ha scritto per il dossier “Giochi e scommesse: il labirinto dell’azzardo”, promosso da Cnca, Campagna Mettiamoci in gioco e Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II. «Stiamo assistendo, impotenti, - scrive il cardinale - a una crescita inarrestabile sia nel volume di spesa che nell’enorme offerta di giochi e scommesse nel nostro Paese» con «drammatiche ricadute sulle persone più fragili che tentano di risolvere le proprie difficoltà economiche o psicologiche». E questo, sottolinea il presidente della Cei, «preoccupa la Chiesa per la dimensione culturale del fenomeno che la spinge ad arginare la diffusione dell’azzardo con una forte azione educativa all’uso responsabile del denaro, alla sobrietà e alla legalità». Un dramma per il quale Zuppi fa due appelli. Alle «aziende dell’azzardo e delle scommesse» che «non devono girarsi dall’altra parte davanti alle sofferenze delle persone». E allo Stato che «non deve mettere al primo posto le entrate erariali rispetto alla salute dei propri cittadini. È importante che tutti, in particolare chi ha una responsabilità politica, si sentano chiamati a bloccare questa deriva inarrestabile delle scommesse e dell’azzardo». Per questo, conclude il cardinale, «la Chiesa incoraggia a non rassegnarsi e a cercare nuove alleanze, come quella tra la Campagna Mettiamoci in gioco e la Consulta nazionale antiusura che hanno promosso questo Dossier, per continuare a lavorare insieme in difesa delle persone e delle famiglie che ricorrono all’azzardo a causa delle loro fragilità”. Il dossier, realizzato da Filippo Torrigiani, consulente della Commissione parlamentare antimafia, raccoglie tutti i più recenti dati sull’azzardo. L’enorme crescita della raccolta dai 25,5 miliardi del 2004 ai 147 del 2023. Il 34,7% dei minori che ha “giocato” almeno una volta, malgrado sia vietato. I conti gioco, per l’azzardo on line, cresciuti da 9,6 milioni del 2009 a 15,2 del 2023, sui quali al 31/12 erano depositati 10,3 miliardi. I quasi 42 milioni di gratta&vinci venduti a settimana, con una spesa di circa 140 milioni. Gli 11 miliardi finiti nelle tasche dello Stato, cifra alta, ma cresciuta molto meno della spesa dei “giocatori”. C’è poi l’interessante analisi di chi sia dietro le concessionarie, in particolare gruppi finanziari internazionali. E anche un lungo elenco di inchieste sulle “azzardomafie” che smentiscono come non sia vero che la legalizzazione dell’azzardo ha escluso i clan, anzi, si legge «è stato accertato che maggiore è l’offerta anche del gioco lecito e più semplice è per le consorterie malavitose fare affari attraverso pratiche di riciclaggio, usura e controllo dei territori». E di usura scrive nel dossier Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II e di Caritas Ambrosiana. «Il gioco d’azzardo è al contempo effetto e causa della povertà e dell’indebitamento e quindi dell’usura!». Così, denuncia, «ormai una persona indebitata su due incontrata ogni anno come Fondazione antiusura San Bernardino, ha come causa principale del debito l’azzardo». «Non ci si rende conto – avverte don Armando Zappolini, portavoce nazionale della Campagna Mettiamoci in gioco - di quanta sofferenza portino con sé i sempre più grandi guadagni dell’azzardo! I bilanci sono numeri e non portano con sé i volti e le storie di chi quei soldi li ha pagati».