VERSO LA SETTIMANA SOCIALE. Simeone: «Attrarre i giovani e rivolgersi a tutti»
Nei
decenni le Settimane sociali hanno trattato i temi "caldi" delle varie
epoche, dimostrando di essere sempre attente alla storia sociale italiana.
Oggi tocca alla famiglia, non a caso.
Le Settimane sociali hanno rappresentato
un laboratorio di idee fecondo e in dialogo con la società. Trovo appropriato
ciò che scrissero nel 1988 i vescovi, nella nota pastorale con cui venivano
ripristinate dopo un ventennio di interruzione: sottolineavano l'intenzione
di anticipare le sfide e gli interrogativi che le trasformazioni sociali
pongono. L'idea era di dialogare per contribuire ai cambiamenti della società,
e questo richiede un momento di ascolto di ciò che sta accadendo, ma anche
di ricerca... Un metodo perfetto per la famiglia, che è in trasformazione,
che va ascoltata e interrogata.
Come possono i cattolici nelle Settimane
sociali non "parlarsi tra loro" ma coinvolgere tutti gli interlocutori?
Le attività sono rivolte a tutte le persone di buona volontà, credenti
e no, disposte a un confronto aperto a partire dai valori fatti propri
dalla nostra Costituzione, e a promuovere il bene della famiglia e quindi
della società. Non sarà un parlarsi "ad intra", ma un dialogo tra chi si
voglia confrontare seriamente: è possibile ragionare di famiglia anche
partendo da ideologie lontane, come dimostra la collaborazione tra Comune
e realtà ecclesiastica a Torino, se la famiglia è vista come bene comune
e condiviso. C'è bisogno del contributo di tutti.
Lei insegna pedagogia.
Come attrarre i giovani su argomenti oggi non facili?
Innanzitutto per
essere capiti dai giovani bisogna capire i giovani, trovare risposte alle
domande di senso che loro pongono (a volte con codici comunicativi che
fatichiamo a comprendere). L'importante per gli adulti è non sottrarsi,
non disertare il campo dell'educazione.
Sulla famiglia però sembra imporsi
sempre più una voluta confusione, che svuota le parole dei suoi significati
e mina le certezze. Persino i ruoli dell'uomo e della donna nel matrimonio
sono messi in discussione, anche se poi nella vita reale le cose vanno
diversamente...
È vero, accade nei discorsi da salotto, che non corrispondono
alla realtà sociale. I media amplificano e danno un peso maggiore alle
opinioni di alcune (presunte) élite culturali, che non corrisponde al peso
reale che tali opinioni hanno nella reale società. Come dicevo all'inizio,
il 90% dei giovani aspira a crearsi una famiglia... Allora, perché la famiglia
possa mettere in gioco le grandi risorse in grado di arricchire la società,
occorre un dialogo onesto tra tutte le parti, seguendo non le mode del
momento ma la passione per il bene comune. Purtroppo è vero che l'agenda
politica su questi temi è dettata però dalle piccole élite.
Il contesto
in cui si inserisce la Settimana torinese è complesso, la crisi economica
spegne molti entusiasmi.
Ma proprio la crisi è un momento in cui si rompe
un equilibrio e si rende evidente ciò che prima era nascosto, le contraddizioni
vengono a galla e questo dà la possibilità di creare per il futuro, di
mettere in luce le potenzialità della famiglia, che è la più grande risorsa
per la società, il luogo in cui si costruisce quella fiducia che sta alla
base della relazione sociale. In un contesto oggi molto confuso, il problema
non è adeguare la famiglia al cambiamento, ma sollecitare quella forza
generativa che abita le relazioni familiari, affinché guidino esse il cambiamento
sociale. Questo però richiede uno sguardo diverso sulla famiglia: basterebbe
provare a pensare che cosa ne sarebbe del nostro Paese senza quel prezioso
lavoro di educazione, di cura, di sostegno che solo essa da sempre produce
per la società tutta: che sia laica o meno, di destra o di sinistra. C'è
una "ordinaria straordinarietà" che va tutelata, con lo sforzo onesto di
tutti.