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Il dibattito. Astensione e riforme, da Trieste l'appello dei giuristi

Angelo Picariello, inviato a Trieste giovedì 4 luglio 2024

L'incontro dei costituzionalisti a Trieste

«I cristiani mettendo i gioco i loro valori non possono temere di unirsi agli altri. A volte ho invece l’impressione che i valori vengano come comprati al supermercato. Per coprire altri calcoli, opportunistici e contingenti». Il cardinale Matteo Zuppi arriva un po’ a sorpresa («Uno scherzo da prete», sorride) all’incontro su “Democrazia e Costituzione” nel salone della Camera di commercio, che mette a confronto quattro presidenti emeriti della Consulta, Giuliano Amato, Ugo De Siervo, Giovanni Maria Flick e Cesare MIrabelli; i costituzionalisti Cesare Pinelli e Sergio Bartole, e il presidente dei giuristi cattolici, Damiano Nocilla in veste di organizzatore.

L’approccio dovrebbe essere positivo, per Zuppi, senza bisogno sempre di un nemico: «Invece di partire da ciò che non va, per opporsi, si dovrebbe partire da ciò che va, cercare di costruire». C’è il nodo preoccupante dell’astensionismo. Che fare? «Se la legge elettorale è definita “Porcellum” da chi la scritta, si dovrebbe partire da lì, per cambiarla, per riavvicinare le persone al gusto per il bene comune». Guardando anche, anzi soprattutto, all’Europa: «La sovranità è importante almeno quanto quella Italiana, forse anche di più», sottolinea Zuppi.

Ha voglia di ringraziare gli autorevoli interlocutori per la loro presenza a Trieste, e con l’occasione di dare seguito all’ eco suscitata dalle parole di Sergio Mattarella nella giornata inaugurale. Un intervento «molto chiaro e molto fermo», lo definisce, «svolto con saggezza e approfondimento storico, seguito con profonda attenzione da una platea in larga misura composta da giovani», segnala Zuppi attingendo ai dati dei partecipanti a questa settimana sociale: «L’ha notato con piacere anche Mattarella», rivela. E questo indica il compito da svolgere: quello di «irrobustire questi valori, per irrobustire la democrazia».

Su questo tema si sono confrontati i giuristi a Trieste. Definisce «modifiche molto discutibili», De Siervo, quelle che si prospettano sulle riforme istituzionali. Ricorda i consensi oltre il 90% che arrivarono alla stesura finale della Carta, «nonostante le discussioni, persino le liti, che c’erano state sui singoli punti». Cita un grande costituente come Aldo Moro che nel 1948 parlò di «patto di lealtà reciproca», che doveva andare oltre una «fortunata contingenza storica».

Mirabelli sottolinea il principio, caro alla dottrina sociale, della sussidiarietà, che si aggancia all’articolo 2 della Costituzione e alle formazioni sociali. Registra una «anemia della sussidiarietà», e lo «stato di salute» delle formazioni sociali è una delle componenti della scarsa partecipazione che genera astensionismo. E la soluzione del premierato, invece di risolvere, comporta nuovi rischi, a partire da quello di una «”monocrazia democratica”, tale solo per l’investitura iniziale, ma che rischia - sottolinea Mirabelli - di penalizzare il Parlamento e l’equilibrio fra i poteri».

Un problema specifico, nella crisi delle formazioni sociali, si pone, per Amato, in relazione ai partiti: «Le politiche non si formano più per un processo di partecipazione, ma in base agli umori del momento». Un processo di «radicalizzazione», dice Amato in sintonia con Zuppi ma anche con l’intervento di Mattarella, «incapace di individuare soluzioni per il bene comune, ma capace solo di individuare ciò che è avversato dall’altra parte». E indica un compito per i cattolici: «Ripartire dalla propensione al bene comune e dl riconoscimento dell’altro, scusate la banalità», conclude. Ma, purtroppo, non è più né scontato né banale.

Gli altri sono soprattutto i fragili, a partire dai detenuti e dai migranti, che senza una politica per il bene comune, sottolinea Flick, non vedono riconosciuta la loro dignità di persona che la Costituzione attribuisce a a tutti, cittadini italiani e non. Invece, rimarca, «la situazione nelle carceri è la stessa, anzi è peggiorata, rispetto ai tempi in cui me ne occupai come ministro della Giustizia». Si prosegue con quelli che Flick definisce “pan-penalismo” e pan-carcerismo”, «mentre in carcere dovrebbe andarci il minor numero possibile di persone». Quanto ai migranti, «c’è una sospensione del dovere di accoglienza. Che non vige solo per i rifugiati, in base alla Convenzione di Ginevra, ma anche, con l’articolo 10, per chi è mosso dall’esigenza di sfuggire alla fame».

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