Lavoro. Assunzioni in picchiata: meno 38%. I sindacati: non licenziare fino a marzo
Non si sblocca il braccio di ferro sul divieto di esuberi
L’effetto della pandemia sul mercato del lavoro in Italia si fa sempre più pesante e a farne le spese sono soprattutto i precari. Dall'aggiornamento dell’Osservatorio dell’Inps risulta che le assunzioni attivate dai datori di lavoro privati nei primi sette mesi del 2020 sono state 2.919.000. Rispetto allo stesso periodo del 2019 la contrazione è stata molto forte (–38%) «per effetto dell’emergenza legata alla pandemia Covid–19 e delle conseguenti restrizioni (obbligo di chiusura delle attività non essenziali) nonché della più generale caduta della produzione e dei consumi», spiegano dall’istituto. Il calo degli occupati – 350mila in meno tra febbraio e agosto nonostante la ripresa dei mesi estivi, secondo l’Istat – è stata soprattutto la conseguenza di mancati rinnovi e attivazioni di contratti a termine o atipici. Mentre i lavoratori stabili sono stati protetti dal divieto di licenziamento imposto dal governo con il lockdown e poi prorogato.
Uno “scudo” che, unito alla cassa integrazione Covid, ha permesso di contenere la perdita degli occupati a circa il 2% mentre le ore lavorate crol- lavano del 9%. È per questo che i sindacati si stanno opponendo in tutti i modi all’intenzione del governo di mettere fine al blocco generalizzato dei licenziamenti: il divieto resterebbe solo per le aziende che utilizzeranno ancora la Cig di emergenza per la quale sono pronti altri 5 miliardi in manovra. Finora si era parlato della scadenza a fine dicembre. Nell’incontro dell’altra sera i ministri Gualtieri e Catalfo si sono detti disponibili a una nuova proroga del blocco fino al 31 gennaio, quando terminerà lo stato di emergenza proclamato dal governo.
Troppo poco per le confederazioni che chiedono di arrivare almeno fino a marzo continuando a «procedere di pari passo» su estensione della cassa e proroga dl blocco. Il confronto si è chiuso così con un nulla di fatto. Ieri Cgil, Cisl e Uil con una nota congiunta si sono appellati direttamente al premier Giuseppe Conte chiedendo di convocare a Palazzo Chigi il tavolo di confronto sul tema, che dovrà occuparsi di anche di «politiche attive, manovra economica e fondi europei». Il non detto è che, in mancanza di risposte, i sindacati non resteranno fermi. Il tema ha aleggiato anche sul Consiglio dei ministri di ieri sera. Una rassicurazione intanto arriva dalla Pubblica amministrazione. Fonti del ministero ieri hanno fatto sapere che i fondi per il rinnovo dei contratti pubblici ci sono: gli «ulteriori 400 milioni di euro reperiti in legge di Bilancio portano la dote complessiva per il rinnovo dei contratti pubblici a 3,8 miliardi a regime per le amministrazioni dello Stato e a 6,7 miliardi sull’intera PA», si afferma in risposta alle critiche sindacali.
Le risorse, secondo il ministero, permetteranno aumenti contrattuali doppi rispetto all’inflazione. Tornando ai dati sul lavoro – ieri anche i consulenti del lavoro hanno dato una stima di un milione di posti persi nelle pmi –, il rapporto Inps mostra che la contrazione delle attivazioni, particolarmente negativa nel mese di aprile (–83%), si è progressivamente attenuata fino a luglio (–20%). La flessione non ha risparmiato nessuno, riguardando tutte le tipologie contrattuali, anche se risulta particolarmente accentuata per le assunzioni con contratti a termine (intermittenti, somministrati, a tempo determinato). Le trasformazioni da tempo determinato nel periodo gennaio– luglio 2020 sono risultate 302.000, anch’esse in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (–33%; –41% per il mese di luglio), anche se nel 2019 il numero era stato eccezionalmente elevato anche per l’impatto delle modifiche dovute al “Decreto dignità”. Le cessazioni nei primi sette mesi 2020 sono state invece 2.808.000: un dato in netta diminuzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (– 23%).
Una flessione particolarmente accentuata per i contratti a tempo indeterminato nel periodo marzo–luglio (–39%) per effetto quasi esclusivamente dell’introduzione dal 17 marzo, appunto, del divieto di licenziamento per ragioni economiche. Il saldo di luglio tra i flussi di assunzioni e cessazioni è di 780 mila unità in meno. Il dato, in progressiva flessione già nel corso della seconda metà del 2019, è divenuto negativo a febbraio ed è peggiorato progressivamente nei mesi del lockdown. L’Inps ha fornito aggiornamenti anche sulla Cig: a settembre sono state autorizzate 254,9 milioni di ore, in aumento del 1.214,9% rispetto allo stesso mese dello scorso anno e in calo del 13,2% su agosto. ll numero totale di ore di Cig da aprile a settembre per emergenza sanitaria supera così quota tre miliardi.