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GIUSTIZIA E WELFARE. Assistenza tagliata in Sicilia Il Tar: «La Regione paghi»

Pino Ciociola sabato 9 giugno 2012
​Ricorrete alla magistratura amministrativa: se avete una pesante disabilità e gli enti locali vi hanno tagliato l’assistenza domiciliare, dovranno probabilmente risarcirvi per «danno esistenziale», come ha disposto la sentenza 755/12 della sezione di Palermo del Tar siciliano. Che non ha certo concesso una gran cifra (10mila euro), ma ha pur sempre reato un bel precedente.Del resto, le sforbiciate ai finanziamenti per i diritti minimi dei più deboli paiono sempre più diffuse, perché se le regioni sono in bolletta, dopo le riduzioni degli stanziamenti governativi, il 2012 è anche l’anno in cui gli enti locali stanno sperimentando l’azzeramento del "Fondo nazionale per le non autosufficienze". Mentre il "Fondo nazionale per le politiche sociali" è stato ridotto al lumicino, passando da 1 miliardo nel 2007, ai 218 milioni nel 2011 e ai 45 nel prossimo anno.Con risultati come quelli descritti dalla storia di quest’uomo affetto da tetraplegia, che nell’ottobre 2011 aveva impugnato il provvedimento con cui l’Assessorato siciliano alla Salute stabiliva i criteri dei contributi per l’assistenza ai disabili gravi e i provvedimenti temporanei, che lo escludevano da qualunque erogazione. Non avendo ricevuto comunicazioni, né altri contributi, si era rivolto quindi al Tribunale, che aveva ordinato di provvedere entro venti giorni all’amministrazione regionale (per il ritardo nell’emanazione del provvedimento finale) e al comune (per il mancato versamento delle somme già stanziate in acconto).Adesso il Tar siciliano poggia la sua sentenza sulla constatazione che l’uomo è totalmente dipendente dall’esterno, richiede assistenza specializzata (e continua) per il essere messo sulla sedia a rotelle o sul letto, per la cura personale e la terapia riabilitativa, per lo svolgimento delle attività lavorative e di quelle quotidiane. Insomma, nel suo caso i tagli non sono accettabili, anzi sono proprio «una riduzione indebita».Tant’è che «il severo quadro clinico – annota il Tar – da un lato spiega come la riduzione indebita delle prestazioni assistenziali abbia cagionato un minimo aggiuntivo danno psico-fisico (disturbo depressivo e lesioni da decubito)» e «dall’altro rende ragione evidente della più che proporzionale compromissione dell’aspetto relazionale/esistenziale della vita del ricorrente e della conseguente sofferenza morale che pure si ricavano dalla certificazione medica in esame, oltre che per presunzione», vista «l’importanza fondamentale» delle prestazioni in questione per preservare «la salute psichica» dell’uomo e per «il mantenimento di un livello accettabile di integrazione sociale».Poiché due più due fa quattro, il Tribunale amministrativo a questo punto mette nero su bianco: emerge «chiaramente che dalla drastica riduzione dell’assistenza domiciliare è derivata, nei limiti precisati, una compromissione dello stato di salute del ricorrente e della sfera delle sue normali attività realizzatrici, con conseguente sofferenza morale».Morale giudiziaria? Si tratta – spiega il collegio del Tar di Sicilia – di «un danno non patrimoniale che va risarcito», per la sua «incidenza sui diritti costituzionali inviolabili della persona, della salute e della dignità umana del disabile», ribaditi dalla «Carta di Nizza, nonché dal Trattato di Lisbona, nonché dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Ue, nonché dalla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, nonché dalla Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità».Non solo, ma il collegio ritiene «di potere prescindere dall’accertamento medico legale per la quantificazione del predetto danno, dal momento che l’incidenza sull’aspetto prettamente psico-fisico, per quanto pure esistente, si presenta marginale rispetto alla componente relazionale/esistenziale della compromissione alle attività realizzatrici della persona e della conseguente sofferenza morale ad essa inevitabilmente connessa». Così, tutto considerato, il Tribunale ha disposto un risarcimento appunto di 10mila euro per quell’uomo: 5mila a carico della Regione e 5mila a carico del Comune palermitano.