Famiglia. Assegno per i figli, c'è l'intesa politica. Tensione col Tesoro su 7 miliardi
Una famiglia guarda la televisione
L’approdo è ancora lontano. Così come il reperimento delle risorse. Quello che si avvicina, piuttosto, è un passaggio politico. Pd e Italia Viva depongono l’ascia di guerra sulla “paternità” dell’assegno unico per figlio, il nuovo, auspicato strumento che dovrebbe introdurre in Italia (in altri Paesi europei è già realtà) un concetto rivoluzionario: per ogni figlio lo Stato dà un contributo mensile e una dote annuale per i servizi educativi che in buona parte prescinde dal reddito e che premia anche gli autonomi.
Nelle ultime ore si è raggiunto un accordo tra la ministra renziana alla Famiglia, Elena Bonetti, e i parlamentari dem più impegnati sul tema, in particolare Graziano Delrio e Stefano Lepri. L’intesa sarebbe la seguente: la settimana prossima, forse lunedì, il Consiglio dei ministri licenzierebbe il “Family act” di Bonetti, un ddl delega. Contestualmente, il ministro annuncerebbe lo stralcio dell’articolo 2, quello riguardante l’assegno unico, perché i medesimi contenuti sono nella “pdl delega” di Delrio, già in commissione Affari sociali alla Camera. In sostanza il Family act – che contiene anche una riforma dei congedi – e la proposta Delrio avanzerebbero in parallelo, dando “soddisfazione” a entrambi i partiti, nella speranza che poi la soddisfazione diventi delle famiglie.
Entrambi i testi, come detto, sono deleghe al governo. Quindi, completati gli iter parlamentari, l’esecutivo avrebbe 6 mesi per varare i decreti legislativi. Correndo e chiudendo i passaggi parlamentari a luglio, i decreti attuativi arriverebbero in contemporanea con la manovra di autunno. Della mediazione si è fatto carico anche il premier Conte, che sul Family act ha preso un impegno con Matteo Renzi, come ricordavano ieri sera dalle parti di Iv confermando che «abbiamo fiducia nel premier» nonostante il Cdm della sera non avesse la misura in scaletta.
Ma una parte l’ha giocata anche il Tesoro, e lo si comprende da un dettaglio: come è privo di cifre il testo del ministro Bonetti, anche il Pd, nell’andare avanti, si impegna a togliere dalla pdl riferimenti economici specifici. Sparirà, dunque, la cifra massima di 240 euro al mese per i figli sino a 18 anni, l’ulteriore contributo di 80 euro per i figli sino a 26, la “dote annuale” di 400 euro per i servizi educativi (ridotta a 200 euro dai 3 ai 14 anni).
All’esame del Parlamento andrà perciò una riforma generica, con il seguente principio: nell’ordinamento fiscale entra l’assegno e la dote unica ed escono detrazioni, assegni familiari e i vari bonus ora esistenti. Resterebbe la “clausola di salvaguardia” per garantire la stessa somma a chi andrebbe a perdere dallo scambio tra assegno unico e vecchi strumenti. E rimarrebbe la soglia oltre la quale il beneficio si spegnerebbe, ovvero i 100mila euro. Salvo anche il principio per cui l’assegno unico non concorre al reddito tassabile.
I condizionali sono tutti d’obbligo. I 15,5 miliardi che si ricavano cancellando detrazioni, assegni familiari e bonus non sono sufficienti per istituire l’assegno unico e la dote annuale. Mancano all’appello almeno 5–7 miliardi. Sino a quando non è chiaro il quadro dei fondi europei disponibili, e sino a quando le misure per le famiglie restano in “concorrenza” con altre misure, tutto resta in bilico.
In contemporanea allo “sblocco” dell’assegno per figli, si svilupperà la questione degli emendamenti al decreto “Rilancio”. Il Forum delle Associazioni familiari ha presentato propri “emendamenti”. Spicca la proposta per riparare ad una vera e propria beffa, quella che impedisce di chiedere il voucher baby sitter a quasi 300mila famiglie che, durante la “Fase 1”, hanno optato per il congedo straordinario. Il Forum chiede di inserire la possibilità di disporre un buono ad hoc da 600 euro per questa platea. Una proposta di buon senso che il Forum presenta insieme ad altre che chiedono di aumentare la dote dei sussidi e proporzionarli al numero di figli. Si chiede anche di allargare le maglie del Rem, rafforzare le scale di equivalenza per i minori e renderlo disponibile come integrazione a chi ha pensioni di reversibilità molto basse.