Naufragio . Quei passaporti nelle tasche della mamma annegata e la bimba salvata
Quando hanno recuperato il suo corpo ormai senza vita e hanno cercato di capire chi fosse, hanno trovato nelle sue tasche il suo passaporto e quello delle sue due bambine. Loro sono salve e si trovano nell'hotspot di contrada Imbriacola, ma non abbracceranno più la loro mamma, una giovane marocchina che ha tentato la traversata del Mediterraneo per garantire una vita migliore alla sua famiglia.
Erano in tanti su quella barca: ai poliziotti della squadra mobile di Agrigento, i migranti hanno detto che sul barcone di dieci metri, naufragato sabato scorso a un miglio dalla costa di Lampedusa, erano in 170, partiti dalla Libia. I dispersi, dunque, sono 16. Ieri erano stati recuperati cinque cadaveri, tutti di donne.
Anche oggi le ricerche sono andate avanti, ma soltanto con i mezzi aerei della Guardia costiera e di Frontex, mentre le condizioni del mare continuano ad essere pessime, tanto che il traghetto di linea per Porto Empedocle ha sospeso i collegamenti, costringendo i 149 sopravvissuti - di varie nazionalità: eritrei, algerini, somali, nigeriani, bengalesi - a prolungare la loro permanenza nell'hotspot. Sulla sciagura la procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta, coordinata dall'aggiunto Salvatore Vella, per favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina, naufragio e omicidio colposo plurimo.
Il "film" della tragedia è in alcuni frammenti di un video girato durante le concitate operazioni di soccorso in mare che hanno portato al salvataggio di 149 migranti e diffuso oggi dalla Guardia Costiera. Nelle immagini si vedono i soccorritori lanciare in mare salvagente e parabordi per consentire ai naufraghi di rimanere a galla. Ad ogni naufrago sollevato sulla motovedetta, i militari tirano un sospiro di sollievo, mentre tutt'attorno si sentono le urla disperate dei migranti. Tra i sopravvissuti ci sono anche un bambino che ha meno di un anno e un ipovedente. Nel pomeriggio, a Lampedusa, gli stessi superstiti hanno avuto la possibilità di vedere le immagini del naufragio, dopo che qualcuno le ha postate su Facebook.
Intanto, dopo aver assegnato Taranto come porto per l'approdo della Open Arms, il Viminale ha indicato Pozzallo alla Aita Mari, la nave della Ong spagnola "Salvamento Marítimo Humanitario" che ha a bordo 78 migranti soccorsi al largo della Libia. Per entrambe le navi, fa sapere il ministero, "è stata avviata la procedura per la ricollocazione a livello europeo dei migranti". La richiesta è stata presentata congiuntamente dai quattro Paesi che hanno firmato il pre-accordo de La Valletta: Italia, Germania, Francia e Malta. "In questi ultimi sbarchi si è verificata una cosa mai accaduta prima: prima era l'Italia che faceva la richiesta di redistribuzione in Europa dei migranti che arrivavano, questa volta è stata la Germania a farla", ha detto la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese dopo la concessione del porto di sbarco alla Aita Mari.
"È la prima volta che si verifica - ha aggiunto - e ne sono lieta perché vuol dire che l'attività che stiamo portando avanti da due mesi e mezzo-tre sta avendo i suoi effetti. Certo, non è che questo risolva il problema, però secondo è un segnale molto importante che l'Europa sta dando".
Nuovo corridoio umanitario dal Libano
Mercoledì arriveranno a Roma 113 profughi siriani dal Libano, grazie ai corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in accordo con i ministeri dell'Interno e degli Esteri. Lo rende noto un comunicato. Con loro saranno oltre 1.800 le persone accolte in Italia da questo specifico progetto della società civile totalmente autofinanziato (dalla raccolta fondi di Sant'Egidio e dall'8 per mille delle chiese valdese e metodiste). Dal febbraio 2016, compresi i corridoi umanitari dall'Etiopia in Italia e quelli giunti in Francia, Belgio e Andorra dal Libano e da altri Paesi, sono ormai oltre 3mila i profughi arrivati in Europa con i corridoi umanitari. «Tre anni e mezzo di impegno della società civile dimostrano che è possibile non solo salvare chi rischia di cadere nelle mani dei trafficanti di uomini, ma anche avviare percorsi di integrazione - prosegue la nota -. In un tempo in cui riaffiorano preoccupanti manifestazioni di razzismo e intolleranza, il modello avviato da Sant'Egidio e Chiese protestanti - poi replicato anche con altre realtà e associazioni - ha riscosso il consenso di tanti e si è alimentato grazie alla generosità di molti italiani - alcuni dei quali hanno anche offerto le loro case per l'ospitalità - che si sono attivati in modo volontario e gratuito. I nuovi arrivi saranno gestiti da associazioni, parrocchie, comunità, diaconia valdese e famiglie in diverse regioni italiane. Insieme all'accoglienza verrà subito proposto l'apprendimento della lingua italiana per gli adulti, la scuola per i minori e l'inserimento lavorativo, una volta ottenuto lo status di rifugiato», conclude la nota.
«È il momento di risposte e soluzioni strutturali»
«Basta morti nel Mediterraneo. È il momento di risposte e soluzioni strutturali. Davanti all’ennesima tragedia nel Mediterraneo la Commissione europea e i Governi nazionali non rimangano inerti». È l'appello del Centro Astalli. «È inaccettabile e vergognoso che nel 2019 nel Mar Mediterraneo continuino a navigare carrette fatiscenti con a bordo decine di persone disperate nell’indifferenza generale - afferma il presidente padre Camillo Ripamonti -. Soccorrere, salvare, accogliere i migranti per l’Unione europea e i Governi nazionali è obbligo giuridico, non opzione politica. Non possiamo continuare a contare i morti in mare, restando indifferenti. È uno status quo che viola ogni volta convenzioni e trattati internazionali, che dura da troppo tempo e che va immediatamente cambiato».