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Asmae Dachan. Il riconoscimento del Quirinale e l'errore di valutazione di Meloni

Lucia Capuzzi sabato 1 giugno 2019

Su indicazione dell’Ordine dei giornalisti delle Marche, inoltrata per il tramite del prefetto di Ancona, che l’ha condivisa, il presidente della Repubblica ha conferito alla giornalista italo-siriana Asmae Dachan l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica. L’onorificenza verrà consegnata domani, in occasione della Festa della Repubblica, nel corso di una cerimonia alla Prefettura di Ancona. Il riconoscimento riguarda l’attività professionale di Dachan, i suoi coraggiosi reportage dai teatri di guerra in Siria, dai campi profughi e da città teatro di gravi episodi di terrorismo, oltreché il suo costante impegno per la pace e l’integrazione tra i popoli.

Tra i suoi maestri spirituali cita spesso padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa il 29 luglio 2013. E, parafrasando una frase del “gesuita del dialogo”, dice di essere una «islamica innamorata di Gesù». Così si presenta Asmae Dachan, giornalista freelance, poetessa e scrittrice, collaboratrice di varie testate nazionali, tra cui “Avvenire”. Nella scarna biografia sul suo blog, la reporter, nata ad Ancona da genitori siriani, dice di immaginare la sua vita «come un ponte che unisce culture e popoli diversi». In effetti, negli articoli e reportage – insigniti di numerosi riconoscimenti, tra i quali il Premio per la pace e l’amicizia fra i popoli nel 2018 – Dachan lascia sempre uno spiraglio di incontro tra persone e immaginari.

Chi li ha letti difficilmente può accusare l’autrice di vicinanza «agli integralisti islamici». Eppure, la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, s’è detta incredula per la notizia dell’onorificenza che domani sarà concessa a Dachan dal presidente della Repubblica, su iniziativa del governo giallo-verde. E ha chiesto di sospendere il riconoscimento «perché sarebbe un clamoroso atto di sottomissione all’islam radicale».

Come prova di ciò, Meloni sottolinea che il padre, Nour Dachan «imam di Genova» è stato «leader dei Fratelli musulmani, coloro che volevano trasformare la Siria in una nazione islamica salafita e che alimentano l’integralismo islamico nel mondo». In realtà, Nour Dachan, di professione medico, è stato imam di Ancona e presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia. La presunta militanza nei Fratelli musulmani non è mai stata dimostrata anche perché Nour ha lasciato la Siria a 18 anni, ancor prima che il clan Assad prendesse il potere. Altra ragione per cui, secondo Meloni, Asmae non sarebbe meritevole del titolo di Cavaliere è il suo presunto legame con Haisam Sakhanh e Ammar Bacha, «due militanti jihadisti noti alle cronache mondiali». Con il primo, «la signora Dachan è stata ripresa mentre partecipava ad una manifestazione a Milano al fianco di Haisam Sakhanh, oggi detenuto in Svezia con una condanna all’ergastolo».

In realtà, la presenza allo stesso corteo non è prova di un «legame» bensì del fatto che i “siriani d’Italia”, di nascita o adozione, erano soliti partecipare, specie all’inizio del conflitto, alle medesime iniziative a sostegno dell’opposizione. Le accuse di Meloni risultano ancor più sorprendenti visto che “Il Secolo d’Italia”, quotidiano di destra vicino a Fratelli d’Italia, il 28 febbraio 2018, aveva dedicato un articolo tutt’altro che denigratorio ad Asmae Dachan. Le sue parole, anzi, venivano impiegate per spiegare come «prima gli italiani» non fosse uno slogan razzista.

A tal proposito, veniva citata una sua frase su “Panorama” in cui sosteneva che: «L’impegno di uno Stato verso tutti i suoi cittadini, come l’impegno di un genitore verso i suoi figli. Non è da responsabili trascurare i propri figli, ignorare la loro cura affettiva, culturale, sanitaria, la loro sicurezza per vantarsi di essere buoni con gli altri». Acqua passata, sembra. In poco più di un anno, da «esempio di buon senso » per “Il Secolo d’Italia”, Dachan è diventata, secondo Meloni, assidua frequentatrice di salafiti e jihadisti. Sarebbe bastato leggere “Avvenire” e “Panorama” o almeno il giornale più “amico”, per non cadere in un errore così serio.