Attualità

BATTAGLIA DI CIVILTA'. Asilo politico per Kate eviterà la lapidazione

Viviana Daloiso mercoledì 7 settembre 2011
È uscita nel tardo pomeriggio dal Cie di Ponte Galeria, dopo aver ottenuto l'asilo politico, Kate Omoregbe, la giovane nigeriana che nei giorni scorsi aveva chiesto di restare in Italia anche dopo aver scontato una condanna per spaccio di droga, perchè temeva di essere lapidazione in patria. Lo rende noto in un comunicato il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. La donna, si legge nella nota, dopo essersi convertita alla religione cattolica, aveva rifiutato di sposare un uomo più anziano di lei che le era stato imposto dai suoi genitori. Questa mattina Kate, che era giunta al Cie di Ponte Galeria dopo essere uscita dal carcere di Castrovillari, al termine della condanna a quattro anni di reclusione per droga, aveva incontrato i collaboratori di Marroni. Sulla sua vicenda, nei giorni scorsi c'era stata una forte mobilitazione dell'opinione pubblica che aveva sollecitato la concessione dell'asilo politico.LA MOBILITAZIONE DELL'EUROPASolidarietà. Accoglienza. Mobilitazione. Le parole che l’Italia soltanto qualche mese fa era accusata di non saper più pronunciare, sono sulla bocca di tutti per la vicenda di Kate Omoregbe, la nigeriana di 34 anni che lunedì ha lasciato il carcere di Castrovillari dopo avere finito di scontare una condanna per spaccio di droga e che ha chiesto asilo politico in Italia per evitare la lapidazione nel suo Paese.Da due giorni a questa parte non c’è istituzione, o parte politica, o associazione per la difesa dei diritti umanitari che non invochi la salvezza per la giovane. Dopo l’appello congiunto del ministro degli Esteri Franco Frattini e di quello delle Pari opportunità Mara Carfagna, che hanno chiesto asilo per la donna «senza indugi», ieri è stato il turno del vicepresidente del Parlamento europeo Roberta Angelilli (Ppe/Pdl) e di quello del gruppo dei Socialisti e Democratici Patrizia Toia (S&d/Pd). Che, in una nota congiunta, hanno salutato «con favore l’impegno del governo italiano in difesa della vita di Kate Omoregbe» e lanciato un appello alle autorità competenti che stanno vagliando il caso «affinché nell’esercizio del loro dovere scongiurino il compiersi di un’atroce barbarie, quale la lapidazione, a cui sarebbe condannata la donna qualora fosse rimpatriata in Nigeria». Ricordando, peraltro, anche attraverso i pur diversi casi di Sakineh e Asia Bibi, che «i governi nazionali e le istituzioni europee devono vigilare e compiere una continua azione politica e di sensibilizzazione delle coscienze in nome dei diritti fondamentali, che possa portare finalmente alla moratoria sulla pena di morte».Un impegno su cui è tornata a insistere anche la Comunità di Sant’Egidio, che già a pochi giorni dal primo appello di Kate si era rivolta al presidente Napolitano e proprio dalle pagine di Avvenire: «L’Italia – ha detto ieri il portavoce Mario Marazziti – che lottava e lotta contro le discriminazioni, per la liberazione delle schiave e degli schiavi, contro lo sfruttamento delle donne, per liberare le donne dalla prostituzione, per abolire la pena di morte nel mondo, automaticamente per la legge sull’emigrazione si può rendere responsabile di mandare una donna a morire?».Intanto, di Kate, nessuna notizia. La donna già lunedì sera è stata trasferita a Roma, nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, dove attende che la sua richiesta di asilo sia valutata sul piano giudiziario ed amministrativo. A esaminare il primo aspetto sarà il prossimo 19 ottobre il giudice di sorveglianza di Roma, che dovrà decidere, in particolare, se sospendere la pena accessoria prevista dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello di Roma (e confermata dalla Cassazione) che stabilisce la sua espulsione dall’Italia. La decisione del giudice si baserà, in particolare, sulla valutazione dell’attuale pericolosità sociale della giovane.Sul piano amministrativo la richiesta di asilo politico avanzata da Kate Omoregbe sarà valutata invece dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo del ministero dell’Interno. I tempi di valutazione della richiesta di asilo politico, comunque, non sono brevi. Nel frattempo, comunque, pare esclusa la possibilità che Kate Omoregbe possa tornare in Calabria, malgrado il suo volere e l’ospitalità offertale dal presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, che sempre lunedì aveva messo a disposizione una struttura di accoglienza dedicata per la donna.E proprio dalla Calabria, ieri, è arrivato un nuovo invito alla nigeriana: quello del rettore dell’Università della Calabria, Giovanni Latorre, che ha offerto la disponibilità del suo ateneo ad accogliere e far studiare Kate. Come lei stessa – che in Nigeria s’è diplomata – ha chiesto più volte di poter fare. Liberamente.