Personaggi. Impegno civile, Milano e l'arte: sulla tela l'«Antologia del presente»
Gli artisti Maria Jannelli e Renato Galbusera con la piccola Luna
Il telefono suona in continuazione. «Prima di ogni mostra è così». Renato Galbusera utilizza i pochi secondi di una conversazione non rimandabile per alzarsi e prendere un catalogo dalla libreria: sfoglia velocemente le pagine, ne ferma due tra le dita. «Questi sono i miei primi lavori, negli anni Settanta: ostentavano una certezza, anche dal punto di vista formale, che rifletteva un quadro ideologico di riferimento molto preciso. Erano quasi dei manifesti. Oggi la mia pittura è molto più involuta: quelle certezze sono implose nel racconto della complessità che seguo con attenzione. Non so se mi piaccia di più o di meno rispetto alla realtà di allora: dentro il presente c’è tanta contraddizione, che in fondo è ricchezza. Io e Maria non facciamo cose legate alla cronaca, ma al senso del nostro tempo senz’altro sì».
Maria è Maria Jannelli e i due artisti, da anni punto di riferimento per la scena artistica milanese, presentano oggi, insieme, la mostra “Antologia del Presente”, che viene inaugurata alle 16:00 negli spazi espositivi della Fondazione ATM, in via Farini, a Milano. Dieci opere ciascuno per un evento che fa parte del ciclo “Nuovo Atlante delle Arti” curato dallo storico dell’arte moderna e contemporanea Carlo Franza.
Galbusera è un artista che espone in tutto il mondo, e ha sempre coniugato impegno culturale e sociale, attenzione agli ultimi e dimensione collettiva. Il suo tratto, estremamente severo, rigoroso, è immediatamente riconoscibile. E’ stato titolare della Cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove ha conosciuto Jannelli, che in Brera ha insegnato e che in Brera, di fatto, ci è nata. «Negli anni Cinquanta - racconta la pittrice - nel quartiere ci si conosceva tutti, i bambini giocavano per strada. A sei anni andavo in giro da sola: non c’erano le macchine, non c’erano pericoli. Il primo giorno delle elementari, mia mamma mi sistemò la cartella sulle spalle, mi insegnò ad attraversare la strada e mi spedì in via Palermo, dove c’era la scuola. Tutti i giorni passavo davanti all’Accademia. Vedevo questi giovani vestiti di nero, gli esistenzialisti, e mi affascinavano tantissimo. Poi presi a visitare la Pinacoteca la domenica mattina, sempre da sola: i custodi ormai mi conoscevano, facevo il mio giro». È iniziata così una lunga carriera nelle arti visive. Che ha portato, poi, al sodalizio con Galbusera.
Jannelli ha appena realizzato un ciclo che, significativamente, si intitola “Ognuno faccia la sua parte”. Qualche opera rientra nella mostra oggi al via. «Nasce dalla favola dei colibrì - spiega -. Durante l’incendio della foresta tutti gli animali scappano, invece il colibrì va verso il fuoco con una gocciolina d’acqua in bocca. Il leone gli chiede cosa stia mai pensando di fare. Il colibrì risponde: “ognuno faccia la sua parte”. Ecco: io provo a fare la mia. Con un impegno legato all’ecologia, all’animalismo, e sempre riferito ai più deboli. Il colibrì è diventata la mia firma contro l’indifferenza. Che è poi la brutta copia di quello che, quando eravamo ragazzi, definivamo “maggioranza silenziosa”»
I due artisti hanno uno sguardo pulito e disincantato sulla città. «La nostra esperienza arriva dal realismo – sottolinea Galbusera -. Non c’è ideologia, non c’è astrattismo. Siamo sempre stati portati a misurarci con l’esistente. Abbiamo conosciuto la realtà milanese. Quella di prima e quella di adesso. La città ha perso identità, non c’è più comunità. Non ci sono più grandi cenacoli artistici. Ma io e Maria abbiamo sempre perseguito l’idea del rapporto con gli altri, di essere tanti, di creare una dimensione collettiva. E continuiamo a farlo. Bisogna saper guardare avanti. E sono tanti gli aspetti positivi: i giovani che oggi si formano all’arte hanno competenze che noi non avevamo. Hanno acquisito sensibilità inimmaginabili prima, sanno sperimentare linguaggi nuovi, mescolando l’aspetto tecnologico e quello artigianale: ne vengono fuori ibridi che è bello esplorare. Tanti riescono ad emergere: succede continuamente. Ma è difficilissimo. E, soprattutto, le vie sono diverse: conta la visibilità, la capacità di stare sui social, di gestire la presenza sui media. E' quello che il tempo ci ha consegnato, e bisogna prenderne atto».
Ci sono poi anche gli “altri ragazzi”, quelli del carcere di Bollate, dove Galbusera, con gli amici volontari, dirige il Laboratorio di Arti visive. «Stiamo pensando di creare continuità anche in estate, che è uno dei momenti più critici per i giovani reclusi. Stiamo iniziando un percorso sulla lettura, raccontando per immagini. Ma di questo riparleremo a settembre».
Due opere di Renato Galbusera e Maria Jannelli - Archivio