Reportage. Al supermercato della maternità, tra spedizioni di gameti e uteri in affitto
Una coppia tra gli stand della fiera «Wish for a baby»
Lo spacchettamento del mio sogno di maternità è l’idea con cui devo familiarizzare fin dai primi passi nella fiera Wish for a baby, allestita nei padiglioni milanesi di via Mecenate ieri e oggi con una ventina di stand accoglienti popolati da hostess ben vestite e sorridenti e con la promessa di garantire a chiunque lo desideri (e abbia abbastanza soldi per permetterselo) un figlio su misura. Sarò madre cioè – «al momento giusto, quando e solo se lo vorrai» – combinando insieme in un complicato puzzle le infinite variabili geografiche, giuridiche e tecnologiche offerte dal mercato della fecondazione assistita in una scaletta di passaggi e appuntamenti calibrati, scanditi dai rispettivi pagamenti. Tariffe, contratti, assicurazioni, trasferimenti. E poi semi, ovociti, embrioni, impianti. L’amore, nulla importa. Così come il fatto che accanto a me, a volere un bambino, non ci sia nessuno, o un uomo, o una donna.
Il viaggio comincia con Laura e Stephan, una coppia di attivisti che fanno capo alla Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, movimento femminista che raccoglie numerose associazioni in Italia e all’estero. Arrivano da Genova, ma si sono incontrati a Praga, dove hanno vissuto quasi vent’anni. Hanno figli da partner diversi e storie di sofferenza alle spalle. Una convinzione – ferrea, laica – li accomuna: che la maternità a ogni costo sia una forma insopportabile di violenza. Sulle donne (mercificate) e sui bambini (programmati senza origini). Ed è per questo che sono venuti a Milano oggi: per vedere coi loro occhi e documentare come sotto le mentite spoglie di un evento volto a promuovere «la natalità, la genitorialità e la salute della donna», rispettandone diritti e libertà «sacrosanti», si nasconda uno scempio. Stephan, che nella pronuncia tradisce le origini olandesi, è subito indispettito dal capannello di manifestanti accalcati all’ingresso sotto le bandiere del Popolo della Vita e di Fratelli d’Italia: «Mi aspettavo i militanti della sinistra qui». Nel suo Paese, come in molti altri, la lotta contro l’utero in affitto (che in Italia è vietato e che nei padiglioni della fiera non dovrebbe essere nemmeno sfiorato come possibilità secondo gli organizzatori) è il manifesto del femminismo progressista, oltre che la battaglia portata avanti per una vita da sua nonna e raccolta dalla madre. «Qui le cose sono upside down», sottosopra.
Con Laura ci fingiamo donne sole: io a quasi 44 anni sogno un bimbo senza un partner stabile al mio fianco, lei a 52 frequenta un uomo molto più giovane e accarezza l’idea di una vita familiare mai pienamente realizzata. Nessun problema per me, visto che una gravidanza – me lo assicurano dappertutto – posso tranquillamente portarla a termine (si vedrà se con i miei ovociti, «esausti», o con quelli di una donna più giovane e ben selezionata). Qualcuno in più per Laura, a cui vengono suggeriti un paio di indirizzi dove effettuare colloqui preliminari e prospettato un viaggio in Grecia o in Georgia, dove la gestazione per altri è consentita in caso di sterilità accertata. È Stephan il vero banco di prova della nostra visita: camicia vistosa e accento straniero, inizia subito a presentarsi tra gli stand con una storia (credibile) di omosessualità difficile. Il suo presunto compagno, Francesco, non lo ha accompagnato per motivi di lavoro, ma da tempo desiderano costruire una famiglia. E nel nostro Paese non possono. Che fare? «Intanto va tutto bene, lei è nel posto giusto» lo rassicura la signorina che lo accoglie allo stand di Cryos International. Il nome, per addetti ai lavori e non, è di quelli che contano: casa madre in Danimarca, uffici e cliniche associati sparsi in decine di Paesi, la Cryos è forse la banca di gameti più famosa al mondo, celebre per lo slogan dedicato alle donne single – che più o meno ripetono anche a me – “Congratulazioni, avrai un vichingo!” (accompagnato, nella sede di Aahrus, dai copricapo con le corna con cui i visitatori sono invitati a scattarsi selfie). A Stephan e Francesco, che sono innanzitutto alla ricerca di ovuli, la Cryos può offrire donatrici altrettanto selezionate e arruolate negli Stati Uniti e a Cipro: tra i 18 e i 32 anni, in ottima salute fisica e psicologica, per il 90% iscritte all’università o laureate e per il restante 10% impiegate in professioni specializzate, «molto diverse tra loro ma tutte accomunate da un importante tratto della personalità: l’altruismo». Stephan tiene particolarmente al quoziente intellettivo del figlio che verrà (qui dicono di poterlo assicurare con esami del Dna incrociati) e al nome in chiaro della donatrice (anche questo assicurato, sebbene richieda una tariffa extra). «E alla donna che lo porterà in grembo, nostro figlio?» chiede lui. «Di questo potrete tranquillamente parlare con le cliniche con cui vi metteremo in contatto» assicura la signorina di Cryos.
Lo stand della Cryos International - Fotogramma
Viaggi e trasferimenti (shipments), coi corrieri (couriers) che li effettuano, sono l’ingrediente forse più importante dei pacchetti proposti da banche e cliniche: se per fare un figlio occorre aggirare qualche “problema” (sottinteso, le leggi e i divieti vigenti nei diversi Paesi), basterà spostare il materiale necessario per assemblarlo. Anche diverse volte, se necessario. È la strada decollata dopo la pandemia e che viene prospettata anche a me da Ivf Couriers, agenzia specializzata solo nei trasporti di materiale biologico, che in fiera si presenta con un desk simile a quello dei check-in aeroportuali e con un’operatrice vestita da assistente di volo: «Con donne sole abbiamo a che fare molto spesso – mi spiega solidale – e la scelta di mettere al sicuro o portare con sé, nel caso voglia spostarsi in un altro Paese, i suoi ovuli è la più importante che può fare per se stessa e per il suo futuro. Significa poter decidere di diventare madre quando e come vorrà, dove le sarà consentito, con tutte le garanzie che il prodotto sarà ben conservato». Dai 500 ai 1.500 euro per un trasporto in Europa, fino ai 3mila e più per voli transoceanici.
Stephan nel frattempo – dopo una breve tappa allo stand della Pronatal, dove gli assicurano donatrice, inseminazione e maternità surrogata, ma solo con donne della Repubblica Ceca – s’è spostato dai consulenti ateniesi del Garavelas medical group. Qui gli viene spiegato candidamente che può acquistare ovuli ed eventualmente anche il seme da altri e trasferirli in una clinica in Grecia dove potrà presentarsi con una donna che può fingere d’essere la sua compagna (e che può dimostrare d’essere sterile con un certificato ottenuto da un qualsiasi medico) e procedere alla maternità surrogata. Gli viene suggerita la possibilità di trovare qualche agenzia albanese, magari su Facebook, visto che lì è facile incontrare donne particolarmente “altruiste”. In alternativa gli viene prospettato sottovoce anche un facile, sebbene altrettanto costoso, trasferimento di ovuli fecondati negli Stati Uniti «dove non avrete alcun problema sotto il profilo legale». E gli viene anche lasciato un numero di cellulare su un bigliettino bianco: un dottore arriva da Atene a Milano una volta al mese, potrà aiutarlo a definire tutti i dettagli della questione.