Attualità

Latina. Satnam poteva vivere, adesso il suo datore di lavoro è stato arrestato

Antonio Maria Mira martedì 2 luglio 2024

Manifestazione a Latina contro il caporalato

Omicidio doloso, per omissione «di doveroso soccorso», e con «una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà». Con questa gravissima accusa è finito ieri in carcere Antonello Lovato, titolare dell’azienda agricola di Latina dove lavorava il bracciante indiano sikh, Singh Satnam, morto dopo il gravissimo incidente sul lavoro che gli aveva tranciato un braccio e poi abbandonato davanti a casa. Una decisione presa dalla Procura di Latina e sancita dal Gip, Giuseppe Molfese modificando l’ipotesi iniziale di omicidio colposo. «La consulenza medico legale - scrive la Procura - ha accertato che ove l’indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato». Per questo «la decisione di omettere il doveroso soccorso» ha «costituito accettazione del rischio dell’evento letale».

L’indagine va avanti non solo per la morte del bracciante ma anche per «l’accertamento delle condizioni di lavoro». Il padre di Lovato è dal 2019 indagato per sfruttamento dei braccianti. E a questo fa riferimento anche il Gip scrivendo che ha voluto «occultare quanto accaduto per evitare che venissero alla luce le condizioni di irregolarità e sfruttamento nelle quali versava il lavoratore, nonché la gravissima situazione di irregolarità dell’azienda sotto il profilo della sicurezza e della salute sul lavoro». Così «si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire». Ricordiamo che Lovato aveva parlato di una leggerezza del bracciante: «Avevo avvisato il lavoratore di non avvicinarsi al mezzo, ma lui ha fatto di testa sua». Una frase che cozza con la ricostruzione del Gip. Infatti le condizioni del bracciante «in stato di semi incoscienza, con un braccio amputato e copiosa perdita ematica, rendono, per la valutazione di chiunque, inevitabile l’evento mortale, soprattutto in assenza di un repentino intervento sanitario».

E anche i comportamenti successivi «argomentano e caratterizzano univocamente la condotta omicidiaria». Lovato, sentito a sommarie informazioni, si è così difeso: «Non ho chiamato l’ambulanza perché la moglie diceva di portarlo a casa e per questo l’ho caricato sul furgone di famiglia e con la moglie, preso dal panico, l’ho portato a casa, dove sapevo che avevano già chiamato l’ambulanza». Diversa la versione della moglie di Satnam che lavorava con lui. «Ho chiesto a Lovato di chiamare i soccorsi ma lui continuava a dire che era morto. Solo dopo aver insistito nella mia richiesta Lovato ha preso un furgone, ha caricato mio marito per poi accompagnarci presso il nostro domicilio». Ma per il Gip, Lovato non solo omette di chiamare i soccorsi, ma «fugge con il furgone, provvede a ripulire il sangue, intima il silenzio ai presenti (“faceva il gesto del dito davanti la bocca, come per dirci di stare zitti”): la principale finalità dell’indagato era di tutta evidenza quella di celare l’accaduto». Anche perché il lavoratore era «irregolare sul territorio nazionale, privo di contratto, sguarnito di protezioni anti-infortunistiche e adoperando strumentazione da lavoro non certificata».

A giustificare la scelta del carcere, scrive il Gip, è «il clima di soggezione nel quale versano gli altri lavoratori stranieri, le possibili intimidazioni o i condizionamenti esterni che andrebbero certamente a minare la genuinità delle loro affermazioni». Inoltre sottolinea «la possibilità che accadimenti (come quello descritto) possano ancora realizzarsi» e addirittura l’indole manifestata dall’indagato impone di evidenziare «che non si asterrebbe se si presentasse affettivamente un’occasione per compiere ulteriori atti della stessa specie». La notizia dell’arresto è accolta con soddisfazione dalla comunità indiana del Lazio. «Stavamo aspettando questa notizia, eravamo arrabbiati. Un incidente può capitare, ma non chiamare i soccorsi è inammissibile». Sabato la Cgil, con diverse associazioni della società civile, sarà in piazza a Latina per «una grande manifestazione nazionale» contro il sistema dello sfruttamento.