Attualità

IL CASO. «Spaccio di stupefacenti»: finisce in manette Tarantini

venerdì 18 settembre 2009
Stavolta, in carcere, è finito il grande accusatore. Giampaolo Tarantini, l’imprenditore barese che ha svelato i retroscena dell’ultimo scandalo estivo a base di politica, sesso e droga, è stato fermato dai finanzieri all’aeroporto del capoluogo pugliese. Tornava da Roma dove si è trasferito. Il provvedimento firmato dal pm Giuseppe Scelsi rappresenta l’ultimo colpo di scena di questa telenovela infinita. L’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti è a carico anche di altre tre persone: Alessandro Mannarini, Stefano Iacovelli e Massimiliano Verdoscia. Verdoscia e Iacovelli, già arrestati il 7 agosto e, dopo un paio di settimane, finiti ai domiciliari dal tribunale del Riesame di Bari.Fino a ieri Tarantini era riuscito ad evitare il carcere per l’atteggiamento “collaborativo” grazie al quale l’inchiesta era andata avanti. Come mai la svolta? Il nuovo procuratore della Repubblica, Antonio Laudati, insediato da una manciata di giorni, spiega: «Il processo è delicato, la procura ha deciso di dare un’accelerazione alle indagini. Uno dei compiti del pubblico ministero è quello di garantire la  presenza dell’imputato alle fasi processuali. Il fermo è frutto delle scelte che sta  facendo la procura dopo la costituzione di un gruppo di lavoro».«Abbiamo ritenuto – sottolinea Laudati – che, nel caso di specie e dal punto di vista investigativo, per le cose che sono successe nelle ultime ore, negli ultimi giorni, c’era un forte inquinamento della prova, quindi ci sono delle  esigenze cautelari, e che sussiste il pericolo di fuga per le segnalazioni che ci sono pervenute dagli organi di polizia circa movimenti, spostamenti e progetti. La situazione di Tarantini riguarda tutti i reati per i quali è attualmente indagato. Il fermo è stato compiuto in relazione a una prospettazione di spaccio ma le  indagini che seguiranno immediatamente dopo il fermo riguarderanno tutte le posizioni processuali di Tarantini». Secondo alcune indiscrezioni investigative Tarantini – che ha a disposizione cospicue disponibilità economiche – potrebbe aver individuato la Tunisia come paese dove trasferirsi definitivamente.Mentre il legale del fermato, l’avvocato Nicola Quarta, ha detto: «Lo stato d’animo del mio assistito è molto forte. Lo stillicidio di questi giorni non meno penoso del fermo». E poi: «Il pericolo di fuga? Incomprensibile. L’interrogatorio non è stato ancora fissato», si torna a spulciare tra verbali dell’inchiesta. Gli arresti di Mannarini, Iacovelli e Verdoscia sono infatti legati proprio alle dichiarazioni di Tarantini sullo spaccio di cocaina, sull’ingaggio delle donne inviate nelle residenze del premier Silvio Berlusconi e sui presunti episodi di corruzione della sanità pugliese. Secondo l’accusa, Verdoscia, imprenditore e rappresentante di commercio di 39 anni, acquistava da Iacovelli la cocaina per poi cederla al suo amico Tarantini, anche suo datore di lavoro: Verdoscia infatti era rappresentante amministrativo di alcune società della  famiglia Tarantini. Invece per Mannarini la scorsa estate, durante un’esclusiva vacanza in Sardegna, Tarantini avrebbe gestito le forniture di cocaina. Lo stupefacente veniva custodito in una cassaforte che – secondo Mannarini – Tarantini acquistò, installò e gestì personalmente.Droga, potere, politica ed escort. La parabola di Tarantini, uomo dalle amicizie importanti bipartisan, sembra giunta al capolinea. Fino a novembre scorso, quando ha lasciato gli  incarichi ricoperti nelle aziende di famiglia, è stato vicepresidente della “Tecno Hospital srl”, amministratore della “Tarmedica snc” e consigliere della “Global System Hospital  srl”, tutte società che commercializzano protesi sanitarie al centro di inchieste per corruzione a Bari. Proprio indagando sul presunto sistema corruttivo messo su dai  fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini con la complicità di  medici e dirigenti sanitari, i magistrati baresi hanno scoperto il giro di escort e droga.