Attualità

Il direttore risponde. Arginare la non-cultura della bisca

Marco Tarquinio venerdì 19 ottobre 2012
​Caro direttore,
negli ultimi tempi si è molto discusso sulla eventualità di un allontanamento delle "sale slot" dai luoghi di culto e dalle scuole. Mi sembra, però, che tutto questo dibattito da un lato sia un semplice diversivo per non affrontare decisamente i problemi morali e sociali che nascono da simili attività, dall’altro denoti una scarsa percezione del bene della collettività e del singolo individuo. Praticamente tutti i maggiori rappresentanti istituzionali, e non solo, concordano nell’affermare la pericolosità e i danni che la dipendenza dal gioco d’azzardo può provocare; questo però non ha ancora portato alla decisione di prendere drastiche soluzioni per questo problema che è ormai divenuto una piaga sociale al pari dell’uso degli stupefacenti. Penso che spostare le postazioni di gioco in luoghi abbastanza lontani da chiese e scuole, per quanto si tratti di una scelta giusta, sia solo un palliativo che non risolve minimamente i problemi. Una scelta di questo tipo sarebbe stata più adeguata in un contesto sociale e in un periodo storico diversi da quelli odierni. Ai nostri giorni e nel nostro contesto socio-culturale, invece, questa soluzione viene messa in ridicolo dalle numerosissime opportunità di pubblicizzazione dei servizi di scommesse e di gioco "di intrattenimento" su tutti i mezzi di comunicazione, principalmente televisione e internet. Con l’Anno della Fede il Papa ci propone un ritorno a Cristo, alla vita buona del Vangelo, a un’autentica vita cristiana che ha come naturale conseguenza l’amore al prossimo, particolarmente al piccolo, cioè a colui che soffre, che è emarginato, che magari spende tutti i propri risparmi in una sala da gioco rovinando la vita propria e dei suoi cari.
Michele M., Taranto
Lei, caro signor Michele, mi ha scritto subito prima che il "limite della decenza" (slot machine a distanza di sicurezza dai luoghi educativi) venisse fatto saltare un’altra volta tra gli applausi discreti ma assai soddisfatti di una lobby potente. Proprio non ne vogliono sapere di veder ridotto il perimetro di Azzardopoli... Che dire, ancora, dopo quanto ho già argomentato – spero in modo chiaro – nel mio editoriale di ieri? Che lei potrebbe anche avere ragione quando sostiene che tenere lontano (ad almeno 500 metri) da scuole e oratori parrocchiali i piccoli e grandi covi del gioco d’azzardo sarebbe solo un "palliativo" in una realtà italiana nella quale i giochi mangiasoldi vengono reclamizzati in tutti i modi (ingrassando anche l’erario) e dilagano ormai per internet e attraverso i cellulari (impoverendo tutti, erario compreso). Ma pure i palliativi servono nella lotta da condurre con forza contro questo male che si è così radicato e diffuso, con le sue metastasi più o meno "legali" o assolutamente illegali (a cominciare dall’usura). E il fatto che si stia facendo letteralmente e ostentatamente di tutto per non attuare queste misure di contenimento (e di rispetto dei più piccoli), è la prova provata che così ininfluente e inutile il "limite della decenza" poi non sarebbe... Mi auguro che quei ministri del governo Monti che hanno capito bene il problema trovino modo di rimediare. Quanto alla sua conclusione, gentile lettore, anch’io credo che la gente vada prima di tutto aiutata a vivere una «vita buona». E per noi cattolici su questa via è essenziale ritrovare e rinsaldare i fondamentali della nostra fede. Ma anche dare civilmente limite a cose e attività e restituire senso del limite alla persone è quanto mai urgente. Non basta saper amare chi si è "rovinato" per insensatezza e come per gioco, occorre fare di tutto perché altri non si rovinino. La non-cultura della bisca va arginata. Ed è importantissimo che da tempo in prima linea, su questo fronte, ci siano la Chiesa e tante realtà cristianamente ispirate.