L’obbligo d’istruzione anche nell’apprendistato partendo dai 15 anni. Ma è bastata l’approvazione di un emendamento in tal senso al ddl sul lavoro per innescare una nuova polemica in campo scolastico.Ieri mattina, infatti, la commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento a firma del relatore del provvedimento Giuliano Cazzola (Pdl), con il quale si prevede che si possa «assolvere anche nei percorsi di apprendistato l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione». In parole povere, se l’emendamento diventerà legge, si potrà iniziare l’apprendistato anche ai 15 anni (come era previsto dalla riforma Moratti del 2003) e nello stesso tempo assolvere l’obbligo d’istruzione fino ai 16 anni, introdotto nel 2006 dal ministro Giuseppe Fioroni. Ma proprio questo passaggio ha suscitato dubbi, perplessità e critiche da parte dell’opposizione, del mondo sindacale e di quello degli operatori della formazione professionale. Con l’emendamento di fatto verrebbe modificata l’attuale normativa che prevede l’ingresso di un giovane nel mondo del lavoro non prima dei 16 anni, assolto l’obbligo d’istruzione o nel percorso scolastico tradizionale (licei, tecnici e professionali) o nei corsi professionali triennali realizzati dai Centri di formazione professionale (Cfp) e dalle Regioni. Uno scenario che ha sollevato un coro di proteste, a cui il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini ha voluto subito replicare: «Sono favorevole ad ogni iniziativa che permetta un rapido inserimento dei giovani nel mondo del lavoro – ha dichiarato in una nota il ministro –. Secondo una condivisa linea governativa, il ministero è favorevole a ogni iniziativa, anche legislativa, che favorisca la transizione tra scuola e lavoro, consentendo così ai giovani di disporre delle competenze necessarie per trovare un’occupazione». E non solo. «L’assolvimento dell’obbligo di istruzione attraverso un vero contratto di lavoro, retribuito secondo i contratti collettivi di lavoro – conclude il ministro –, rappresenta una possibilità ulteriore di contrasto al fenomeno della dispersione scolastica». Insomma, come sottolinea il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, «non si tratta per nulla di anticipare l’età di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo», anche perché oggi «migliaia di giovani tra i 14 e i 16 anni, superata la scuola media, né studiano né lavorano e talora lavorano in nero».Di tutt’altro avviso è l’opposizione. «Hanno deciso di fare carta straccia dell’obbligo scolastico» denuncia l’ex ministro Giuseppe Fioroni e attuale responsabile Welfare del Partito democratico. Non meno tenero il fronte sindacale. «È l’ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico – tuona Domenico Pantaleo, leader della Flc-Cgil – visto che nella maggior parte dei casi l’apprendistato si traduce in un lavoro vero e la formazione è inesistente». Il segretario nazionale della Uil-scuola Massimo Di Menna rivolge «un pressante invito al governo a non procedere in questa direzione», anche perché, aggiunge il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini, «l’emendamento è stato approvato in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali», soprattutto se, aggiunge il sindacalista della Cisl, «si vuole veramente rilanciare l’apprendistato per aiutare concretamente l’occupazione dei giovani». E un invito a «un ripensamento» arriva anche dal mondo dei centri di formazione professionale. «Non mi pare la strada per risolvere il problema dell’occupazione giovanile» commenta Attilio Bondone presidente nazionale della Confap, organismo che riunisce i Cfp di ispirazione cristiana. Favorevole al provvedimento, invece, Confartigianato: «È un utile ponte verso l’occupazione».Attualmente sono circa 30mila i giovani tra i 16 e i 18 anni che utilizzano l’apprendistato come forma di lavoro abbinato a una formazione generale. Quest’ultima è a carico di realtà formative o scolastiche esterne all’azienda in cui si lavora, passaggio regolato da intese tra Regioni e ministero, che, però, non sono state sottoscritte. Lunedì il ddl approderà in Aula alla Camera.