Un semplice e chiaro. Con un appello e la possibilità di sottoscriverlo. Parte da qui una battaglia di civiltà, dall’indirizzo
www.appellogiovani.it. Il titolo: «L’Italia è un Paese per vecchi? Il "Decreto Gelmini" chiude ai giovani l’accesso all’abilitazione all’insegnamento». Si tratta di una pacata ma ferma mobilitazione che, nelle intenzioni dei promotori - Coordinamento liste per il diritto allo studio (Clds) in testa - vuole difendere le giovani generazioni, il futuro della scuola, quello dell’università e dunque il futuro del Paese. Come? Chiedendo al ministro dell’Istruzione, università e ricerca, di modificare il decreto che, entro ottobre, «avrà l’effetto di escludere per anni i neolaureati dall’insegnamento nella scuola secondaria e di primo e secondo grado», ai quali «viene negato, per i prossimi anni, la possibilità di abilitarsi all’insegnamento».«Abbiamo promosso un appello – spiega Francesco Magni, del Clds – perché crediamo sia iniquo e miope far pagare il prezzo di una situazione vecchia di decenni solo ai giovani. Questo perché un ministro sembra più preoccupato di ascoltare i sindacati "organizzati" che di perseguire il bene degli studenti italiani». L’appello è stato sottoscritto, finora, da 3.000 persone: docenti e studenti, uomini di cultura, professionisti, giornalisti, imprenditori, semplici cittadini. Tutti condividono un allarme. Che cioè in futuro solo un risicato numero di aspiranti che avrà concluso il percorso universitario potrà ottenere una cattedra.«Avremo perciò – riprende Magni – una classe di insegnanti sempre più vecchia, una progressiva svalutazione delle facoltà umanistiche e scientifiche, con un conseguente disastro culturale. Sembra scontato dirselo ma un Paese che non investe nell’educazione dei giovani e nello sviluppo non guarda al futuro e rischia di diventare sempre di più "un Paese solo per vecchi". È attraverso l’educazione che si ricostruisce una società».Nel documento online - che tra i primi firmatari annovera anche i direttori di
Avvenire Marco Tarquinio, de
Il Mattino, Virman Cusenza, il condirettore di
Videonews Mediaset, Alessandro Banfi, i rettori delle Università di Macerata e del Salento, Luigi Lacché e Domenico Laforgia, gli scrittori Eugenio Corti e Alessandro D’Avenia - è spiegato che nei prossimi anni i posti disponibili per le lauree magistrali e le abilitazioni all’insegnamento «saranno ridotti a una quantità irrisoria». Per i promotori dell’iniziativa sarebbero i numerosi precari già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, e quindi con diritti acquisiti, i veri privilegiati del Ministero che, in questa decisione, godrebbe dell’appoggio dei sindacati.E l’annosa stratificata situazione del precariato scolastico che riguarda tutti gli altri? La pagheranno i giovani, evidenziano i responsabili del sito. I quali disegnano, senza sconti, le due principali conseguenze. La prima: «In ambito scolastico si determinerà un vuoto generazionale di almeno 7 anni (ma stime meno ottimistiche dicono 10), che aumenterà l’età media dei docenti italiani, già oggi tra le più alte in Europa». La seconda: «In ambito universitario saremo spettatori dell’inevitabile e drastica diminuzione degli iscritti alle facoltà umanistiche e scientifiche che hanno nell’insegnamento un loro naturale e costitutivo sbocco professionale (anche se non l’unico), con conseguenze irreparabili per il livello culturale del Paese».I firmatari chiedono la revisione del decreto in emanazione e propongono tre soluzioni: «Sganciare l’abilitazione dal reclutamento, come già avviene per le altre professioni e in tutto il resto d’Europa; rendere disponibile per le lauree magistrali e per le abilitazioni all’insegnamento un numero di posti sufficiente a garantire un ricambio generazionale e una risposta alle reali necessità della scuola; ridefinire il reclutamento dei docenti che assicuri selezione e qualità e che garantisca sia i diritti acquisiti di chi è già iscritto in graduatoria, sia le aspettative dei giovani abilitati».