Alla nazione. Il discorso di fine anno del presidente Mattarella, tra novità e richiami
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una foto d'archivio
Un richiamo alla coesione nazionale, un invito a frenare - in nome del superiore interesse del Paese - lo scontro fra i partiti, la corsa a mettere ciascuno la sua bandierina. Sono questi i temi più prevedibili che si annunciano, per oggi, nel discorso di fine anno di Sergio Mattarella, accanto a qualche sorpresa che come tale si rivelerà solo alle fatidiche 20 e 30. La prima sarà comunque la location, che non sarà il consueto "studio alla Palazzina", con l’obiettivo di offrire un’immagine "aperta" delle istituzioni e un atteggiamento il più possibile colloquiale del suo ruolo.
Il presidente della Repubblica parlerà quindi da un salone poco noto del palazzo, senza scrivanie fra lui e la telecamera dietro la quale idealmente ci saranno milioni di italiani ad ascoltare a reti unificate. Ricorderà i passi avanti compiuti in questo tempestoso 2019, caratterizzato da una crisi scoppiata in pieno agosto e risolta in tempi record, quando ormai lo scivolamento verso le urne, con tutto quello che avrebbe comportato in vista della sessione di bilancio, sembrava inevitabile.
Ma c’è ora l’esigenza di unire gli sforzi per consentire a un’ancora troppo vasta area del Paese di uscire dallo stato di bisogno in cui versa, nonostante le misure adottate per farvi fronte e la solidarietà che non manca nel tessuto sociale del Paese, in quello «spirito di comunità» tanto caro a Mattarella.
Un discorso nel quale non mancheranno, nel suo stile, riferimenti alla vita "reale", che troppo spesso viene tenuta fuori dalla retorica e dalle polemiche politiche, ma che affiora in continuazione dalle migliaia di lettere e messaggi recapitati ogni giorno al Colle. Finito il discorso, Mattarella cenerà con i figli e i nipoti, a Roma, mentre nei giorni successivi si recherà, come ogni anno, nella "sua" Palermo.
Una giornata, quella di ieri, in cui Mattarella ha continuato a limare il suo messaggio di fine anno, insieme ad alcuni adempimenti istituzionali, fra cui la firma del decreto intercettazioni e le dimissioni del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti con l’interim affidato al presidente Giuseppe Conte. Per lo sdoppiamento del ministero (misura che Mattarella, anche da ex ministro dell’Istruzione, ha condiviso) ci sarà bisogno di un apposito decreto, e solo dopo potrà esserci la nomina e il giuramento di Lucia Azzolina all’Istruzione e Gaetano Manfredi all’Università e Ricerca.