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Pace. Appello di 32 associazioni: «L'Italia aderisca al bando delle armi nucleari»

Luca Liverani giovedì 1 giugno 2023

Lo striscione contro la guerra e le armi atomiche

Oggi che la guerra è tornata violentemente in Europa - con un escalation che mette in conto anche ricorso alle armi nucleare - è urgente un gesto ragionevole, realista e allo stesso tempo profetico. E dunque anche l'Italia può - e deve - ratificare il Trattato internazionale delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari (Tpnw, Treaty on the prohibition of nuclear weapons). Perché uscire dall'accordo di condivisione nucleare - che permette lo stoccaggio negli aeroporti di Ghedi e Aviano di alcune decine di bombe nucleari B-12 - non significa rompere l'alleanza dalla Nato. Lo hanno già fatto Spagna, Grecia, Canada. A lanciare l'appello al Parlamento e al governo sono 32 realtà dell'associazionismo cattolico e dei movimenti ecumenici e pacifisti, con una conferenza proprio a Montecitorio, ospitata grazie all'invito dell'onorevole Paolo Ciani, deputato di Democrazia Solidale, e moderata da Carlo Cefaloni del Movimento dei Focolari.

Dalla sala stampa della camera dei deputati a presentare il documento sottoscritto da 32 sigle arrivano i rappresentanti - tra gli altri, di Acli, Azione Cattolica, Agesci, Archivio Disarmo, Comunità di Sant'Egidio, Fondazione La Pira, Focolari, Pax Christi, associazione Papa Giovanni XXIII. Tra gli aderenti anche Agesci, Beati i costruttori di pace, Confcooperative, Csi, la San Vincenzo De Paoli, Focsiv, La Rosa Bianca, Libera, Gruppo Abele Mir, Mcl, Sermig, Fuci. Don Renato Sacco di Pax Christi ribadisce come, soprattutto con una guerra in corso in Europa, una parata militare non è il modo migliore di festeggiare la Repubblica: «Oggi più che mai c'è bisogno di scegliere il disarmo, la pace e l'adesione al Trattato per la proibizione delle armi nucleari. L'anno scorso nel mondo i governi hanno speso 2.240 miliardi di dollari per gli eserciti: se investiamo in armi vuol dire che vogliamo la guerra. Tutta la nostra vicinanza e preghiera per il presidente della Cei cardinale Matteo Zuppi per l'incarico ricevuto dal Papa di trovare una strada e un clima propizio a percorsi di pace per l'Ucraina». Enkolina Shqau dell'Associazione Papa Giovanni XXIII ricorda che da tempo «i volontari dei Corpi civili di pace dell'Operazione Colomba condividono la sofferenza delle vittime della guerra, vivendo in Ucraina come nei territori Palestinesi e sostenendo le quattro carovane che hanno portato aiuti d Leopoli, Mycolaiv, Odessa e Kiev. fare la pace non significa essere più buoni, ma più intelligenti, per investire sul futuro. Ed è assurdo che nel 2023 ancora si parli di nucleare».

Allarme dell'associazionismo cattolico e dei movimenti noviolenti per l'escalation militare in Ucraina - foto Liverani

Emanuela Gitto, vicepresidente di Azione Cattolica per il settore giovani, ricorda le parole scritte anni da Papa Giovanni XXIII, giusto 60 anni fa, nella Pacem in terris: «Chiese di ridurre simultaneamente tra le parti le armi e di mettere al bando le armi nucleari, esattamente ciò che chiediamo tutti noi oggi». «Abbiamo sentito le sirene e le bombe - dice il presidente delle Acli Emiliano Manfredonia - non abbiamo sentito la politica che è la grande assente. Chiediamo di approvare il Trattato contro le armi nucleari come stanno facendo tanti paesi, purtroppo quelli più oppressi e del Sud del mondo. Oggi non mancano i gesti di solidarietà dei singoli, manca la solidarietà politica. Non possiamo limitarci a inviare armi, servono atti di profezia politica». Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo ricorda che «a 50 anni dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari abbiamo ancora 13 mila testate nucleari. Al Trattato contro le armi nucleari hanno aderito 95 paesi, avrebbe ancora più valore se ci fossero anche stati armati nuclearmente. La campagna "Italia ripensaci" chiede che il nostro paese possa intanto partecipare in qualità di osservatore alla II Conferenza dei paesi aderenti, che si terrà a fine anno a New York».

Mario Marazziti della Comunità di Sant'Egidio spiega che l'accordo Nato di condivisione nucleare non è un ostacolo invalicabile all'adesione al Trattato: «L'Italia è uno dei paesi chiavi del nuclear sharing - con Turchia, Belgio Germania e Paesi Bassi. Ma volerne uscire non è una rottura dell'alleanza Nato e della nostra collocazione storica occidentale. La Spagna tra il 1975 e il 1979 è uscita. Il Canada nel 1984. La Grecia tra il 2000 e il 2001. Possiamo farlo, è una decisione politica. Non rompe le nostre alleanze. Lo chiediamo, come chiediamo che l'Italia ratifichi il Tpnw». Maurizio Certini della Fondazione La Pira contesta «l'idea della bomba come idolo da adorare perché produce sicurezza, quando è vero il contrario. È la politica che deve produrre sicurezza, se fa uscire la produzioni di armi dal mercato. Non è vero che la guerra è la prosecuzione della politica, ma è il suo fallimento».

Per Paolo Ciani di Demos «con la guerra all'Ucraina c'è stato un preoccupante cambiamento culturale sull'uso delle armi. Respingiamo le accuse di irragionevolezza e astrazione della realtà, perché solo fermare la guerra è ragionevole e concreto. Il Papa all'indomani dell'invasione russa con un gesto irrituale si è recato all'Ambasciata russa presso la Santa Sede. Invece a Strasburgo si vota per usare i fondi del Pnrr e per la Coesione sociale per produrre munizioni». «Ragionevole è l'abolizione della armi nucleari - concorda Nicola Fratoianni dell'Alleanza Verdi e Sinistra - mentre è sciagurato e indecente usare per le armi in fondi del Pnrr, una scelta che tradisce le ragioni del piano per la Next Generation Eu, pensato come risposta solidale alle ferite prodotte dalla pandemia». A conclusione dell'incontro - cui ha partecipato anche Francesco Silvestri del Movimento 5 stelle - i promotori hanno srotolato davanti a Montecitorio lo striscione con la richiesta di adesione a Tpnw, proprio mentre in cielo sfrecciavano a bassa quota le Frecce Tricolori per le prove della parata del 2 giugno.




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