«La Casa Bianca lavorerà per promuovere su scala internazionale politiche dell’educazione e della famiglia. Insisteremo perché il dialogo tra culture, religioni e modelli educativi abbia tra i suoi riferimenti quanto afferma la Familiaris Consortio». Joshua DuBois, direttore dell’Ufficio relazioni interreligiose della Casa Bianca, arriva a Rimini con un messaggio di Barack Obama. «Credo che questo impegno – spiega DuBois ad Avvenire - dovrebbe essere ulteriormente sostenuto e incentivato dai Paesi e dalle istituzioni mondiali allo scopo di promuovere un impegno globale per l’educazione». La via maestra, sostiene il rappresentante dell’amministrazione Usa, l’ha indicata Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio. Specialmente quando si afferma che «l’educazione della coscienza morale, che rende ogni uomo capace di giudicare e di discernere i modi adeguati per realizzarsi secondo la sua verità originaria, diviene così una esigenza prioritaria ed irrinunciabile». È da qui «che dobbiamo muovere i nostri passi». È da qui che è possibile costruire insieme alle altre religioni «quel dialogo che ci aiuterà a comprendere meglio l’importanza fondamentale della formazione e la necessità di capire ciò che dobbiamo e possiamo fare insieme per dare un futuro ai bambini, sostenendo le famiglie non solo con beni materiali, ma offrendo un’idea di bene che può sul serio assicurare uno sviluppo a lungo termine».Qualche ora prima era stato Miguel Diaz, ambasciatore Usa presso la Santa Sede, a suggerire con quali strumenti compiere la missione che Barack Obama si è dato: «Occorre una rete di soggetti e di nazioni “reponsabili”, soprattutto nella promozione dei diritti umani». In questa direzione «l’apporto delle comunità religiose ebraiche, cristiane, musulmane – ha osservato Diaz richiamando le parole del presidente Usa -, è assolutamente essenziale, poiché può prevenire i conflitti e promuovere la crescita economica del mondo». A conferma della decisa politica di avvicinamento della Casa Bianca, Diaz ha annunciato per ottobre un forum internazionale promosso dalla rappresentanza diplomatica e dall’Università Gregoriana volutamente sul tema del dialogo tra le culture. «Il mio compito – ha ammesso Diaz – è quello di costruire ponti». Non è un caso che l’ambasciata Usa stia sostenendo i progetti di contrasto alla diffusione dell’Aids messi in campo da Caritas Internationalis, segnando di fatto una riapertura del dialogo con la Sante Sede su delicate questioni a forte implicazione etica. Insieme al saluto del presidente americano, DuBois ha portato da Washington un altro messaggio. «Quando si parla di riforme educative, c’è margine per un rapporto molto ampio tra sistema scolastico americano e le scuole di matrice religiosa». Parlarne al Meeting, vuol dire parlare anche di scuole cattoliche: «Nessun presidente ha mai messo in atto come Obama una politica più aggressiva, più disposta ad attuare le riforme su questo terreno». A dare manforte all’uomo messo a gestire le delicate (e decisive per il presidente Usa) relazioni interreligiose è Timothy Scully, docente di Scienze politiche alla Notre Dame University. Se è vero che «quarant’anni fa cinque milioni di studenti, nei vari ordini, frequentavano scuole cattoliche», nell’ultimo decennio «sono state chiuse 1.500 scuole cattoliche». Qualcosa di buono però comincia a succedere. Gli allievi non scappano più, ed i programmi di autofinanziamento insieme al sostegno governativo hanno consentito che «il 70% dei giovani che negli anni si sono formati, sono rimasti nel mondo dell’educazione come insegnanti o anche come ricercatori».Ciò che l’ambasciatore Diaz e DuBois intendevano dire alla platea riminese è che di Barack ci si può fidare. Un brivido attraversa il popolo del Meeting, quando parlando di «missione educativa», di «dialogo tra le religioni», risuonano le tre parole che negli States sono già storia: Yes we can. "Sì, possiamo farcela".