Coronavirus. Sulle Rsa errori e accuse. «Anziani abbandonati»
Denunce di contagi diffusi e di morti. Accuse alle Regioni, in particolare in Lombardia, per non aver tutelato la salute di pazienti e operatori. Inchieste e polemiche politiche. L’universo delle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali, è diventato l’ultimo fronte dell’epidemia. A Milano si moltiplicano esposti ed inchieste, a partire da quelle sul Pio Albergo Trivulzio. Il ministero della Salute ha inviato gli ispettori. «Tutto quello che è stato fatto, è stato fatto con il massimo rispetto» ha spiegato il governatore lombardo Attilio Fontana, riferendosi ad una delibera, criticata da più parti, con cui l’8 marzo la Regione ha chiesto alle Agenzie di tutela della salute di individuare case di riposo per accogliere pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali e in quarantena. «Non è che venissero messi a fianco degli assistiti delle Rsa – ha chiarito Fontana – esistevano dei reparti vuoti e non utilizzati». Diverse le strutture coinvolte. «In tanti anni di servizio – ha raccontato ieri un’operatrice della Rsa Virgilio Ferrari di Milano – non ho mai visto una situazione del genere. Nell’ultimo mese sono morti circa 40 pazienti». Intanto, i medici della Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Lombardia hanno parlato di «gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane: nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese».
In un mese 63 dei 150 ospiti di una casa di riposo di Mediglia, in provincia di Milano, sono morti. Non è il solo caso. Di fronte a queste statistiche sta montando una campagna contro le Rsa. L’Uneba si sente sotto accusa?
No. Proprio no. Così come non è e non deve essere sotto accusa – spiega Franco Massi, presidente di Uneba – tutto il mondo del sociosanitario. Fino a pochi giorni fa decreti, Dpcm e delibere delle varie Regioni trattavano solo del comparto strettamente sanitario (ospedali). Ora c’è più attenzione per il sociosanitario (residenze per anziani e disabili) e per il territorio (medici di base e assistenza domiciliare). E solo da pochi giorni le Rsa ricevono qualche dispositivo di protezione individuale e si comincia, anche se in quantità insufficienti, a fare i tamponi.
Quella di Mediglia è una struttura profit, ma ci sono decessi anche nelle strutture no profit.
Il virus non guarda in faccia a nessuno – sottolinea il presidente dell’associazione che riunisce un migliaio di enti del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo – e non si deve criminalizzare nessuno. Le case di riposo sono attrezzate per ospiti anziani con patologie croniche che non possono restare a casa. Solo i reparti ospedalieri di malattie infettive con posti letto di terapia intensiva possono far fronte al virus.
Cosa fanno le Rsa associate a Uneba per impedire il contagio degli ospiti?
La nostra associazione, anticipando talvolta decreti e delibere, ha sollecitato gli enti a impedire gli ingressi dall’esterno, separare in nuclei diversi gli ospiti con sintomi sospetti dagli altri, non ricevere malati provenienti dagli ospedali e richiedere alle istituzioni sanitarie locali i tamponi per gli ospiti e i lavoratori e la fornitura di Dpi.
I morti nelle Rsa e nei centri diurni per anziani nella sola provincia di Bergamo, secondo dati diffusi ieri dalla Fnomceo
63
Gli ospiti deceduti in una casa di riposo a Mediglia, in provincia di Milano, a seguito dei contagi. In tutto i pazienti erano 150
300mila
Gli anziani assistiti presso i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi in Italia, secondo le cifre diffuse da Sigot
C’è stato qualche errore da parte di chi gestisce le case di riposo?
Ci saranno sicuramente stati degli errori, come escluderlo? Consideriamo che il periodo di incubazione è lungo e che l’allarme è scattato solo nel mese di marzo. Se il virus è entrato nelle Rsa, dev’essere stato portato da operatori, famigliari in visita, fornitori... Se ci saranno delle cause legali le affronteremo, ma la caccia all’untore non ha senso e lo sa perché?
Perché?
Perché in questo momento, nelle seicento Rsa associate all’Uneba, ci sono operatori che saltano le ferie e fanno tante ore di straordinario per assicurare più del normale servizio di assistenza agli ospiti, com’è giusto e com’è umano che sia.
C’è stato qualche errore da parte delle Regioni e dello Stato?
Mi pare evidente. Per settimane si è avuta una concentrazione dell’attenzione e delle risorse – umane e strumentali – sugli ospedali, dimenticando che nelle strutture sociosanitarie e sul territorio vi erano migliaia di persone fragili e molto vulnerabili al contagio e alle complicanze respiratorie che conducono spesso alla morte il malato di coronavirus. Si è dato per scontato ciò che scontato non era: che gli anziani chiusi nelle Rsa fossero protetti dal contagio. Ma queste residenze, ripeto, non sono reparti per infettivi e, anzi, quando qualche amministratore incauto ha deciso di utilizzare alcune strutture per accogliere i convalescenti Covid, usciti dagli ospedali, lo si è capito, tristemente, perché hanno contagiato gli anziani.
Lei avverte una campagna contro il privato sociale?
In televisione è molto forte e anche su Internet. Forte e stolta. Superficiale. Disinformata. Aggressiva. Ma soprattutto autolesionista.
Perché superficiale?
Perché si prende il familiare di un morto e si sfrutta il suo dolore per fare audience. Perché si definisce tutto 'privato' anche se c’è una bella differenza tra una fondazione no profit, che reinveste nella qualità del servizio i pro- venti, e che supplisce alle carenze dello Stato e delle Regioni, e un fondo che investe in una multinazionale dell’assistenza. Rispetto tutti, ma sono cose diverse.
Gli ospiti della casa di riposo di Matelica assistiti e curati da 50 operatori, che si sono autoisolati insieme
Perché disinformata?
Perché ignora che le Rsa che sta criticando sono, per il 10%, di proprietà dei Comuni. Anche i Comuni sono privati?
Perché autolesionista?
Perché tutte le Rsa, comunali comprese, fanno fronte ai costi di gestione per il 45% con contributi del fondo sanitario regionale e per il 55% con le rette versate dagli ospiti. Se chiudiamo, le famiglie devono rivolgersi al vero privato, pagando il 100%. Oppure tenere l’anziano a casa. I processi sommari non fanno mai l’interesse del popolo che cerca sangue e vendetta. E chi conduce certe trasmissioni tv della sera e manda in onda il suo pattume è colpevole di aizzare la gente contro se stessa.
Rimandereste gli anziani a casa?
Ce lo impedisce l’etica professionale e una storia, quella del movimento sociale cattolico, che ha più di cent’anni. Ma si ricordi che il privato sociale non è solo cattolico, ci sono anche fondazioni laiche che lavorano con la stessa coscienza.
Cosa sta succedendo in questo preciso istante nelle strutture Uneba?
Il personale è al limite. Le paure degli anziani si trasmettono agli operatori e trovano ascolto, in mancanza dei parenti, in chi è presente tutti i giorni per 24 ore. Anche il personale, con il prolungamento dell’emergenza, teme di non reggere emotivamente e fisicamente in aggiunta al timore di infettarsi e di infettare gli anziani, E poi, pensano alle loro famiglie a casa quando rientrano dopo turni impegnativi per non dire, in alcune realtà, massacranti.