Il caso. Sgarbi si dimette (anzi, no). E Meloni non lo difende
Vittorio Sgarbi, esercitando la sua attività di critico d’arte contemporaneamente alla carica di sottosegretario di governo, ha violato la legge. A confermarlo l'Autorità Garante della concorrenza e del mercato che stamane ha pubblicato sul bollettino settimanale la delibera che riguarda ormai l’ex membro dell’esecutivo Meloni. Premier che, essendo stata in silenzio proprio fino ad avere elementi contreti sul caso, stamattina da Tokyo ha detto di trovare «corretta, dopo il pronunciamento dell'Antistrust» la scelta di dimissioni da sottosegretario annunciata da Vittorio Sgarbi e il presidente del Consiglio conferma che «attendo di vedere Sgarbi per accogliere le sue dimissioni». Ma sulla possibilità, ventilata dal critico d’arte, di applicare lo stesso metodo delle incompatibilità usato per lui anche per gli altri esponenti di governo, la presidente del Consiglio aggiunge di non prendere in considerazione questa ipotesi, fino a quando non ci saranno elementi oggettivi anche su altri componenti dell’esecutivo. Come è accauto nel suo caso. A stretto giro è lo stesso Sgarbi a confermare che consegnerà personalmente le sue dimissioni alla premier, nonostante non abbia cambiato idea sul ricorso al Tar pe la sentenza dell'Antitrust.
Il pronunciamento dell'Antitrust e le accuse di Sgarbi
«Il sottosegretario di Stato alla Cultura, Vittorio Sgarbi - si legge nel testo- ha esercitato attività professionali in veste di critico d'arte, in materie connesse con la carica di governo a favore di soggetti pubblici e privati, in violazione dell'articolo 2, comma 1, lettera d) della legge 20 luglio 2004, n. 215" ovvero la Legge Frattini sul conflitto di interesse». Un verdetto che non lascia spazio a fraintendimenti, che però non va giù all’ex sottosegretario che oggi ha detto la sua attraverso le colonne di un quotidiano con una lettera aperta al presidente del Consiglio, in cui non perde occasione per attaccare di nuovo il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. «Se il governo, per mano di un suo ministro ha promosso una indagine sul conflitto di interessi all'interno del governo – dice il critico d’arte - è giusto che io chieda all'Antitrust che si estenda l'indagine a tutte le istituzioni, con gli stessi criteri». Non per ritorsione, sottolinea, «ma per rispetto delle istituzioni alle cui decisioni io mi sono rimesso. E che tu ti faccia garante della integrità del governo quanto a possibili incompatibilità, se a me non è consentito parlare e promuovere in ogni modo l'arte e le mie idee». Inoltre Sgarbi ribadisce di non essere d'accordo con la delibera del Agcm, su cui «farò ricorso al Tar - assicura - Ma la delibera è chiara: non posso fare la vita che ho fatto per cinquant'anni, non posso essere me stesso e essere sottosegretario». Si tratta, a suo dire, «come si capisce subito leggendone la forzata motivazione, di una decisione tanto "politicamente corretta", quanto giuridicamente scorretta».
Le spiegazioni del critico d’arte sulle dimissioni annunciate ma mai giunte
Nel corso della giornata, a chi lo accusa di aver annunciato dimissioni senza aver dato seguito a quelle parole, Vittorio Sgarbi precisa: «Io mi sono assolutamente dimesso ma i tempi presuppongono quelle che io chiamo dimissioni in due tempi: io da questo momento non ho deleghe attive e non voglio esercitarle». L'ex sottosegretario parla infatti di autosospensione, perché nonostante le dimissioni siano certe, qualsiasi sia la decisione del Tar - dice - ora serve «consentire al Tar di pronunciarsi e una sentenza non ha senso se mi sono dimesso».