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Pavia. Antiterrorismo, sfida alle armi chimiche. Viaggio nel centro Antiveleni di Pavia

Simone Marcer sabato 10 febbraio 2024

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Dormiente. Definizione usata indifferentemente per cellule tumorali e terroristiche. Termine che per contro rivela la strategia di contrasto. La sorveglianza per i cosiddetti eventi non convenzionali (eufemismo per: disastri e attentati terroristici con agenti chimici, nucleari o radioattivi) è un compito che il centro Antiveleni dell’Irccs Maugeri di Pavia svolge per lo Stato italiano, ma è solo una delle sue attività. 22 persone, cinque operatori in centrale operativa h24 che effettuano diagnosi per ospedali e medici di tutta Italia con 150 consulenze in media al giorno, 95 mila l’anno, su casi clinici, eventi avversi a farmaci, farmaci antineoplastici, intossicazioni alimentari, su veleni e droghe di tutti i tipi (il centro antiveleni è parte del sistema di allerta precoce delle nuove droghe). Altre 4-5 persone sono impegnate per problematiche gestionali/organizzative di salute pubblica, due delle quali curano in questi giorni la preparazione delle scorte di pastiglie di ioduro di potassio da distribuire nelle strutture sanitarie regionali, nell’eventualità di un’emergenza nucleare transfrontaliera. Insomma, un osservatorio unico e un punto nodale per qualunque tipo di emergenza, che però incredibilmente non è un servizio adeguatamente inquadrato nel sistema sanitario.

«Siamo obbligatori, siamo nei livelli essenziali di assistenza, ma non siamo un’entità correttamente inquadrata del sistema sanitario nazionale - spiega Calo Locatelli, responsabile del centro Antiveleni dell’Irccs Maugeri di Pavia -. L’attività non è remunerata dal servizio sanitario e dalla Regione, bensì offerta dagli enti in cui ci sono centri antiveleni; dobbiamo far finta di essere dei laboratori o di dipendere da altre unità operative. Il personale è a carico dell’ente Maugeri ed è finanziato principalmente con attività di ricerca. È un’attività che mettiamo a disposizione dello Stato in modo molto volontaristico» spiega Locatelli. E tuttavia queste attività riguardano le droghe, gli alimenti, i farmaci, la protezione e la difesa civile e la scorta nazionale antidoti. Settori strategici per lo stato.

Un osservatorio in cui si lavora immaginandosi il peggior scenario possibile che la realtà può offrire: «Gli attentatori hanno dalle loro infinite possibilità di azione. Dobbiamo pensare come loro per capire dove andare a parare», spiega Locatelli. Tutti gli anni il Centro effettua esercitazioni in ambito Nato e nazionale con la protezione e la difesa civile». Abbiamo fatto simulazioni sotto la direzione sanitaria europea sulla possibilità di attentati con i fentalili, gli oppioidi sintetici gestiti dai cartelli potrebbero essere usati anche dalle organizzazioni terroristiche, e di questa sostanza (50 volte più potente dell’eroina) ne basta veramente poca per fare tanto». Il Fentanyl, responsabile della maggior parte delle morti per droga negli Usa, in uno scenario simile verrebbe, usato per indurre overdosi di massa. In realtà un derivato del Fentanyl sembra sia già stato usato (probabilmente in combinazione con altre sostanze) nel teatro Dubrovka dalle truppe speciali russe per neutralizzare i terroristi ceceni che avevano preso in ostaggio gli spettatori. Bilancio: 700 avvelenati. «Ci sono gli antidoti, Il Naloxone ce l’hanno gli ospedali per le overdosi. Il problema è che in un caso simile si ipotizza di dover somministrare l’endovena a centinaia, migliaia di persone. Di conseguenza l’abbiamo inserito in scorte per avere disponibilità aggiuntive».

Carlo Locatelli, direttore del Centro Antiveleni di Pavia - undefined

Sono state fatte simulazioni con la ricina, per il momento ancora priva di antidoto, con la tossina botulinica, uno dei veleni più potenti al mondo, con l’antrace e i radionuclidi, impiegando i droni, è stata immaginata un’epidemia di peste polmonare combinata a un cyberattacco che mette fuori uso la ricettività degli ospedali. Che si tratti di attentato scoperto (con un punto di emissione) o coperto (senza luogo preciso dove accade), la cosa più importante e urgente è la diagnosi, e qui appare chiaramente il ruolo dello specialista del centro Antiveleni. Cosa avviene in caso di diagnosi errata lo si è visto durante l’attacco terroristico alla metropolitana di Tokyo con il Sarin nel 1995 (14 morti, 6.200 intossicati). Per 4 ore la centrale operativa non fu in grado di curare le persone. Quell’attentato costrinse ad aprire gli occhi sulle prospettive del terrore. Armi chimiche, incubo nucleare: «Il tossicologo dovette riprendere problematiche messe nel dimenticatoio», spiega Locatelli.

E si arrivò all’11 settembre 2001. La protezione civile stanziò i fondi per gli antidoti e i vaccini e venne creata la scorta nazionale antidoti. Circa 70 molecole. I farmaci per le emergenze biologiche furono selezionati da esperti in malattie infettive, gli antidoti per le emergenze chimiche, nucleari e radiologiche dal centro antiveleni, con il supporto importante di fisici dell’Enea e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. Il tutto è coordinato a livello centrale dal ministero della Salute. Gli antidoti sono divisi per priorità: da uno, che devono esserci in tutti gli ospedali, a quattro, talmente particolari che ha solo il centro Antiveleni perché di impiego raro e quindi centralizzabili. Un mondo che, con i suoi terrori rimossi, è stato aggiornato il 24 febbraio 2022 con l’invasione russa dell’Ucraina e la guerra. Con la centrale di Zaporizhzhia fuori controllo, è stato il rischio nucleare-radioattivo a tornare in testa alle possibili emergenze: «Abbiamo avuto contatti con uffici europei affinché tutto lo ioduro di potassio ( che protegge la tiroide) fosse veicolato a Kiev, che ricevette venti milioni di compresse - ricorda Locatelli -. S’incrementò l’analisi sul numero di agenti radioattivi e stiamo variando le scorte di antidoti anche per i radionuclidi».