«Non mi consta che ci siano state critiche che si debbano qualificare come critiche del Vaticano». La dichiarazione rilasciata ieri ai giornalisti dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, mette un punto fermo dopo il tam tam mediatico che era seguito all’approvazione del “Ddl Sicurezza” e ad alcune prese di posizione sul provvedimento legislativo un po’ troppo frettolosamente attribuite al Vaticano in quanto tale. Il portavoce del Papa ha ribadito infatti quanto aveva fatto notare in precedenti analoghe situazioni: le dichiarazioni pur autorevoli di singoli rappresentanti di Curia non possono essere assimilate a quelle della Santa Sede. Ma andiamo per ordine. Giovedì, dopo l’approvazione del “Ddl Sicurezza”, alcuni esponenti vaticani tra i quali monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti, avevano espresso critiche al provvedimento. Contemporaneamente le agenzie diffondevano il sunto di un articolo del presidente del medesimo discatsreo, monsignor Antonio Maria Vegliò, pubblicato da Aggiornamenti sociali. Questi interventi, fatti passare sui giornali come la linea del Vaticano, avevano immediatamente innescato una catena di reazioni positive da parte dell’opposizione, e critiche da parte della maggioranza. Una escalation che portava il ministro dell’Interno, Roberto Maroni a dichiarare: «È la solita liturgia». Quindi, dopo le parole di padre Lombardi, aggiungeva: «Monsignor Marchetto parla a nome proprio e non per conto della Santa sede, come dimostrano le puntuali precisazioni della Sala Stampa vaticana ». Restano comunque nel mondo cattolico italiano dubbi e perplessità riguardo a una normativa che secondo il Cif (Centro femminile italiano) «induce alla delazione e conduce alla criminalizzazione degli irregolari». «Una serie di norme di chiusura», le definisce il Meic, mentre per Pax Christi si tratta di «un’offesa alla famiglia umana » e per i Salsesiani della Federazione Scs/Cnos «così si rinsaldano le paure e le fobie sugli stranieri». Ieri pomeriggio, con una dichiarazione all’agenzia Sir, il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, monsignor Domenico Pompili ha ribadito che anche all’indomani dell’approvazione del ddl sicurezza «vale quanto affermato nel comunicato finale dell’ultima assemblea generale della Cei». E cioè «che si tratta di un fenomeno assai complesso, che proprio per questo deve essere governato e non subìto. È peraltro evidente che una risposta dettata dalle sole esigenze di ordine pubblico – che è comunque necessario garantire in un corretto rapporto tra diritti e doveri – risulta insufficiente, se non ci si interroga sulle cause profonde di un simile fenomeno. Due azioni convergenti sembrano irrinunciabili. La prima consiste nell’impedire che i figli di Paesi poveri siano costretti ad abbandonare la loro terra». La seconda, conclude Pompili, «sta nel favorire l’effettiva integrazione di quanti giungono dall’estero, evitando il formarsi di gruppi chiusi e preparando “patti di cittadinanza”».