Dal lavoro alla famiglia. Le alleanze possibili e i terreni di dialogo
I numeri delle urne sono stati per molti versi inattesi e sorprendenti. Le performance dei diversi partiti più nette, in meglio o in peggio, di quello che emergeva dai sondaggi. Ma l’ipotesi di Parlamento senza una maggioranza chiara era in realtà un esito pressoché scontato di queste elezioni, come molti osservatori avevano anticipato. Con tre blocchi elettorali importanti e una legge elettorale prevalentemente proporzionale c’erano poche chance di un risultato molto diverso da quello attuale. Così ora, depositate le polveri della campagna elettorale e registrato il verdetto su vincitori e vinti, le forze politiche sono obbligate a decidere se vogliono rendersi disponibili o meno nella ricerca di una soluzione di governo 'creativa'.
O scegliere invece l’opposizione. In questo scenario non del tutto inedito (nella scorsa legi- slatura il Pd non aveva la maggioranza al Senato e nacque il governo guidato da Enrico Letta appoggiato anche da Silvio Berlusconi) le proposte programmatiche dei partiti possono costituire una traccia per capire se esistano possibili terreni di intesa. Certo, i programmi non sono tutto. A dividere i partiti ci sono anche storie diverse, insediamenti sociali e territoriali differenti, rivalità personali, odi politici profondi e feroci, che andrebbero in qualche misura messi in secondo piano per sostenere un governo comune. Ma conta anche la possibilità di trovare un compromesso sul piano dei contenuti. Ipotesi che oggi anche i Cinquestelle, finora indisponibili, non escludono. Sul piano dei numeri il M5s è diventato l’'azionista di riferimento' del Parlamento, quello a cui basterebbe l’alleanza con uno solo degli altri tre maggiori gruppi (Lega, Forza Italia e Pd) per raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi.
Negli altri casi servono almeno tre partiti insieme, o l’intera coalizione di centrodestra più un altro gruppo. Abbiamo preso in considerazione, tra le ipotesi di accordo fattibili sul piano aritmetico, quelle che abbiano un minimo di plausibilità politica, almeno sulla carta: un accordo tra la coalizione di centrodestra (o buona parte di essa) e il Pd; quella tra il M5S e il Pd; e infine quella tra M5S e Lega. Cercando di capire quali siano i temi programmatici e politici che potenzialmente possano avvicinarli e quali invece i terreni di scontro. Ecco il quadro che emerge.