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L'azienda. Il travaglio dell'ingegnere: «Essere presenti per chi ha perso un familiare»

Paolo Viana, inviato a Camugnano (Bologna) sabato 13 aprile 2024

Salvatore Bernabei, amministratore delegato di Enel Green Power

Lo ha chiamato il responsabile dell’attività globale e non dev’essere stata una telefonata facile. Salvatore Bernabei è il grande capo, un amministratore globe trotter, da cui dipende la storica centrale idroelettrica di Suviana, ma anche le grandi centrali sudafricane, americane, asiatiche. Enel Green Power opera in 29 Paesi, nell’ambito di una multinazionale italiana che oggi è il più grande operatore privato al mondo nel campo delle rinnovabili.

«Mi ha detto soltanto che c’era stato un incidente e che si vedeva una colonna di fumo, per cui lui ipotizzava un incendio», ci racconta Bernabei a margine dell’ultimo incontro con la stampa sul piazzale di Bargi, dopo quattro giorni vissuti nel ventre ferito della centrale a cercare i corpi degli operai uccisi dall’esplosione della seconda turbina. Ha gli occhi rossi. Per la stanchezza, per l’emozione, per i morti e i feriti e per quei familiari con cui ha condiviso momenti di dolore dei quali non vuole rivelare nulla. «Dirò solo che hanno apprezzato la nostra presenza e noi abbiamo cercato di esser presenti, adesso e per il futuro, perché in quelle famiglie ci sono mogli senza lavoro e figli senza un padre».

Salvatore Bernabei viene da Latina e ha fatto una lunga carriera interna al gruppo Enel. Ingegnere, ma non per questo ha una risposta su tutto: «Guardi, questo incidente è stato una sorpresa anche per i tecnici, non solo perché io non ho mai vissuto un’esperienza simile, cioè l’esplosione, il crollo, l’incendio e l’allagamento di una grande centrale, ma perché neanche i miei colleghi, e mi riferisco ad altri manager di gruppi importanti, con cui mi sono sentito, hanno mai vissuto o anche soltanto conosciuto situazioni di questa gravità».

Il pensiero corre velocemente al dibattito pubblico sulle concessioni e al ruolo dell’idroelettrico, energia pulita e sicura tra le energie pulite e sicure, che adesso potrebbe esser messo in mora da questo incidente. Bernabei però lo esclude decisamente: «Non ho questo timore» si limita a risponderci. Poi si chiude a riccio, rispettoso del segreto istruttorio ma anche della scienza.

«Non so cosa pensare dell’incidente, credetemi, è una circostanza che non ci si potrebbe aspettare per ciò che sappiamo di energia idroelettrica e delle tecnologie utilizzate, ma è successo». Come l’ha spiegato a casa? «Ho detto semplicemente ai miei che non sarei tornato per parecchi giorni, perché non sapevo cosa avrei trovato qui, quando sono partito. Poi ho detto alle miei figli di stare tranquilli, perché papà doveva lavorare per una causa nobile. Non parlavo della centrale ma dei morti e dei feriti, che in Enel sono dei collaboratori e non dei dipendenti, ma spesso sono anche persone con cui si instaurano rapporti di amicizia».

È il caso del direttore della centrale. «Simone De Angelis, fin dall'inizio ha visto alcuni deceduti che conosceva, persone con cui lavorava tutti i giorni, ma per tre giorni è stato dentro l’impianto insieme ai sommozzatori, coordinando le operazioni di soccorso, guidandoli centimetro per centimetro in un ambiente dove non c'era visibilità. Lui conosceva quei luoghi palmo a palmo, era casa sua e il suo intervento è stato decisivo. Ma appena trovato il quarto disperso ha avuto un mancamento ed è stato portato via dall’ambulanza».

Si capisce che in questa vicenda cozzano sentimenti primari: dolore, rabbia, onore e riscatto. L’amministratore delegato di Enel Green Power ha appena assicurato che la centrale sarà svuotata e il sito non sarà abbandonato, ma ancora non va giù il boccone amaro delle accuse sulla sicurezza e sui subappalti, rilanciate da politici e sindacalisti.

«Oggi dico solo che io sono abituato a parlare quando conosco le cose, in base ai fatti, e che dovrebbe essere un dovere civico parlare quando uno ha un’idea formata e afferma qualcosa che può dimostrare» è l’ultima risposta di Bernabei, prima di infilarsi di nuovo nella centrale buia.