Non era mai accaduto nella controversa storia dei centri di identificazione ed espulsione che gli operatori minacciassero uno sciopero, rischiando di lasciare senza assistenza gli immigrati trattenuti nelle strutture. A Trapani è dovuta intervenire la prefettura per scongiurare questo rischio. A Modena, invece, è la Cgil ad annunciare azioni clamorose. Da due mesi, infatti, i lavoratori non percepiscono lo stipendio. E non era mai accaduto in dodici anni di servizio. Il personale, transitato dai vecchi gestori alla cooperativa Oasi, che ha vinto le gare d’appalto stracciando la concorrenza grazie a offerte al massimo ribasso, fino ad ora ha evitato di incrociare le braccia per non penalizzare gli stranieri. «Il Consorzio non paga i lavoratori e prende degli impegni in sede prefettizia che non rispetta», denuncia la Cgil di Modena. L’Oasi ha infatti ottenuto l’affidamento dei Cie di Trapani, Modena e Bologna. Dopo l’inchiesta di
Avvenire sui nuovi vertici della cooperativa siciliana, peraltro con qualche antipatico precedente penale alle spalle, la prefettura di Bologna non ha ancora affidato in via definitiva il Centro di identificazione ed espulsione. Lo stesso Modena, dove lavorano una ventina di persone, mentre a Trapani è dovuto intervenire perfino l’ispettorato del lavoro, ravvisando una serie di irregolarità. In Sicilia, nella struttura trapanese di Milo, Cisl e Uil hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale. Il presidente dell’Oasi, l’avvocato siracusano Emanuele Midolo, nei giorni scorsi ha rassicurato le prefetture interessate quanto all’avvenuto ordine di pagamento trasmesso agli istituti bancari. I dipendenti, però, sono ancora in diffidente attesa. «Crediamo che a questo punto la prefettura, responsabile dell’appalto, cominci a dubitare di una gestione affidata ad un’azienda che non riesce a pagare gli stipendi», afferma Fabio De Santis, della segreteria modenese Fip Cgil. «Siamo di fronte ad una tale violazione delle norme contrattuali - sostengono sempre dal sindacato - da costringerci a chiedere il blocco dei pagamenti al Committente, ai sensi dell’articolo 1676 del Codice civile. La procedura prevede, inoltre, che sia lo stesso committente, cioè il ministero dell’Interno, a pagare direttamente i lavoratori». Ritardi ed errori negli stipendi si erano già verificati a luglio. In quattro mesi e mezzo di gestione, «solo una mensilità è stata erogata con puntualità e precisione». Per questa ragione gli uffici territoriali del governo vengono invitati dai rappresentanti dei lavoratori a «recedere dal contratto d’appalto e avviare la procedura di riassegnazione della gestione per mezzo di un’ulteriore gara, i cui termini siano rispettosi del costo del lavoro e del mantenimento dei posti». Anche a Gradisca d’Isonzo i lavoratori hanno sempre meno certezze. Stavolta però il problema è inverso. Il Consorzio Connecting People, che gestisce i servizi nel centro di immigrazione friulano, lamenta di non ricevere dal ministero dell’Interno i dovuti versamenti fin da aprile 2011. Le casse della coop attendono dalla prefettura oltre 3 milioni per l’anno in corso mentre per il 2011 sono stati versati a Connecting People solo 1,7 milioni sui 3,7 dovuti. E se la parola d’ordine sembra quella del massimo risparmio, non mancano le contraddizione. A Lampedusa l’ultima gara d’appalto ha visto prevalere proprio Connecting People con un ribasso su base d’asta di quasi il 17 per cento. La prefettura di Agrigento, a differenza di quanto avvenuto a Trapani, Bologna e Modena (dove i ribassi sono stati superiori), ha invece ritenuto anomala l’offerta e non ha ancora affidato la gestione. Le ricadute negative sulla vivibilità dei Cie le hanno registrate alcuni sanitari. «La tensione e il disagio riscontrati a Trapani Milo non li abbiamo mai percepiti, in maniera così intensa, in nessun’altra struttura del Paese. La situazione è esplosiva», dicono Maria Rita Pega e Alberto Barbieri, della onlus Medici per i diritti umani (Medu). «In poco più di due ore - riferiscono -, abbiamo registrato dieci tentativi di fuga». Un livello di tensione permanente che «coinvolge anche le forze di polizia, costrette ad operare in assetto antisommossa». Secondo i medici le ragioni di tanta rabbia sono due: «I lunghi tempi di permanenza, che secondo la direzione sanitaria ammontano, in media, a sette mesi», e poi la «scarsa qualità dei servizi e l’assenza di attività ricreative». Una situazione «che è ulteriormente peggiorata da quando la nuova cooperativa che gestisce la struttura si è aggiudicata la gara d’appalto con un forte ribasso: da trentotto euro a persona a ventisette».