Politica. Da Fontana a Gasparri, alla brutta fiera del pregiudizio
Già sull’elezione di Lorenzo Fontana a presidente della Camera si era detto di tutto e di più, senza rispetto per il ruolo istituzionale assunto dall’ex “numero due” leghista, e con una predilezione smaccata per i toni fortemente negativi, fino ad additare quella nomina come «uno sfregio». In questi giorni, poi, si è aggiunto il vero e proprio assalto contro il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia per aver osato ripresentare un disegno di legge sul riconoscimento della capacità giuridica del concepito. «Inaudito», «ora scherzano con il fuoco»: sono due dei commenti fra i tanti scagliati come missili. Ai quali è seguito un fuoco di fila preventivo contro anche la sola ipotesi che al ministero della Famiglia possa essere destinata una esponente leghista come Simona Baldassarre, subito descritta da vari media con accenti da fine del mondo: «Anti-Lgbtq», «retrograda», fino all’apoteosi della definizione di «ultracattolica».
Queste prime giornate della XIX legislatura, insomma, sono state già più che sufficienti per assistere, da parte di politici e media, a un vero “festival del non senso”, nel quale sono finite nel tritacarne persino entità come il Movimento per la vita e i Centri di aiuto alla vita, descritti quasi come “covi” di fondamentalismo cattivo, quando sono “luoghi” di persone costruiti per dare sostegno alle debolezze più grandi e tragiche. Si rasenta l’intimidazione. E si fa venir meno, ben oltre il merito dei temi evocati (sui quali pure ci sarebbe parecchio da dire controcorrente), il principio base di ogni democrazia: il pieno riconoscimento reciproco delle parti politiche, cioè quella piattaforma in base alla quale i punti di vista diversi sono tutti legittimi e da approfondire nella libera discussione parlamentare.
No, invece: per certi ambienti pseudoprogressisti quello che va fuori dal pensiero dominante su temi eticamente sensibili dev’essere subito bollato come oscurantista e gretto. Arrivando anche a trascurare un particolare fondamentale, ovvero che nella storia della democrazia italiana i cattolici, al di là delle etichettature partitiche, sono stati sempre rispettosi della volontà delle maggioranze di turno, anche oltre i propri convincimenti personali e di fede. È un’attitudine che dovrebbe ispirare certi autoproclamati laici, impegnati a misurare la bontà delle idee altrui con l’unico metro della maggiore o minore aderenza al proprio pensiero, specie sul terreno del cosiddetto “principio di autodeterminazione”. È l’antico vizio di reputarsi gli unici a “pensarla giusta”. Ma questo è puro e semplice pregiudizio. E senza rispetto reciproco è difficile andar lontano.