Attualità

NCD. Alfano avvisa il leader Pd: devi confrontarti con noi

Vincenzo R. Spagnolo martedì 10 dicembre 2013
«Questo governo non è un matrimonio d’amore, ma di interesse... Ma l’interesse non è quello degli "sposi", bensì quello degli italiani...». Ricorre a una metafora di sapore antico il vicepremier Angelino Alfano, per spiegare ai cronisti quale collante legherà il governo all’indomani dell’elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd. A Perugia in veste di ministro dell’Interno per un’iniziativa sulla legalità, in una giornata complicata per il Paese agitato da nord a sud dalle proteste dei «forconi», il leader del Nuovo Centrodestra (protagonista sabato di un’affollata convention del partito, con 13mila partecipanti) torna a proporre al Pd, principale partner di maggioranza (rappresentato dalle due anime lettiana, di governo, e renziana, di partito), un’alleanza a tempo. Al premier Enrico Letta e a Renzi, Alfano ripropone infatti un «patto» per le riforme da realizzare entro il 2014, per poi andare a votare nella primavera del 2015. Occorre, ribadisce il vicepremier, «un contratto di governo» che duri un anno e con obiettivi precisi, già anticipati sabato nella kermesse romana degli stabilimenti De Paolis. Alfano torna a elencarli: «Servono una riforma del mercato del lavoro per facilitare le assunzioni e incentivare la produttività, un serio taglio della spesa pubblica» e una riforma costituzionale che porti al monocameralismo, «smettendola con un sistema di regole che prevede due Camere pagate per fare lo stesso lavoro». Resta anche l’apertura su una legge elettorale che favorisca il bipolarismo e «consenta ai cittadini di scegliere il deputato o il senatore». Il modello del «sindaco d’Italia», in chiave presidenzialista, evocato da Renzi e sul quale Alfano ha esplicitamente concesso un’apertura, potrebbe essere la base di partenza per un ragionamento comune. Si tratterebbe di un gentlemen’s agreement fra leader di partiti che restano su sponde diverse, ma che in nome della responsabilità provano a tirare insieme il Paese fuori dalle secche della crisi. Tuttavia, Alfano sa che con l’avvento di Renzi qualcosa potrebbe anche cambiare e rimane guardingo: nessuno dovrà fare la voce grossa o minacciare strappi o ricatti, è la condizione, se si vuole che il patto regga fino alla scadenza. Non c’è alcun magma "governista", ma semplicemente il rinnovo di un accordo schietto e "trasparente" nell’interesse del Paese.Il rispettivo Dna politico non cambia e non verrà inquinato. «Renzi è il nuovo leader della sinistra italiana, Ncd è il centrodestra», ripete Alfano che, per strutturare il proprio partito, non fa tuttavia mistero di voler adottare le modalità predilette a sinistra: «Tocca a noi innovare il centrodestra con lo strumento delle primarie per la scelta della leadership».Ma se si andasse a votare effettivamente per il rinnovo del Parlamento nella primavera del 2015, insieme a chi si schiererebbe il "quadrato blu e bianco" dell’Ncd? Con la "rinata" Forza Italia di Silvio Berlusconi, lasciato dall’ex delfino sulla soglia del Consiglio nazionale di novembre? «È naturale, ci mancherebbe altro!», risponde Alfano, convinto che «una grande alleanza delle forze moderate alternative alla sinistra potrà portare al successo il centrodestra». Da quel fronte, però, continuano a giungergli punzecchiature: «Ha ragione Alfano a definire "naturale" l’alleanza con Berlusconi – lo incalza Francesco Paolo Sisto, di Fi –. Perciò gli chiedo: una volta consumato il matrimonio "contro natura", pensa di poter tornare alla casa paterna come se nulla fosse? Ritiri la fiducia al governo Letta. C’è tempo fino a mercoledì». Ma sul tasto della responsabilità verso il Paese, Alfano e i suoi non paiono disposti a repentine marce indietro. E un editoriale dell’Occidentale, giornale on line del Ncd, lo rimarca, facendo pesare a Fi la collocazione su posizioni anti-quirinalizie di stampo grillino: «Il Nuovo Centrodestra – è l’avvertimento – sbarrerà la strada ad ogni tentativo di delegittimazione della figura del capo dello Stato», non senza «rammarico per la metamorfosi del professor Renato Brunetta» passato da «sincero riformista e democratico» a «sfascista grillino».